la Repubblica, 18 luglio 2016
Ultime sui dispersi italiani di Nizza
Il tempo uccide le speranze dei familiari dei dispersi. Per tutta la giornata fanno la fila di fronte al numero 4 di rue Gubernatis, un vicolo stretto nel cuore di Nizza. Vengono accolti da psicologi, magistrati, medici. Escono a testa china dopo il test del Dna. È la prassi. Nella carneficina è l’unico modo sicuro per riconoscere i corpi.
La lista degli italiani che non rispondono all’appello è ormai ridotta a sei nomi. Di cinque si conosce l’identità. Sono Angelo D’Agostino e Gianna Muset, una coppia di anziani di Voghera e i loro amici, Mario Casati e Graziella Ascoli, di 90 e 77 anni. Probabilmente insieme a questo gruppo c’era anche una quinta persona di cui non è ancora stata diffusa l’identità. Erano arrivati a Nizza per la festa del 14 luglio e avevano trascorso insieme la serata per godersi i fuochi d’artificio. La lista dei dispersi si chiude con Carla Gaveglio, 48 anni, la donna di Cuneo che è stata caricata su un’ambulanza dopo la carneficina ma non sembra essere arrivata in nessun ospedale. Anche ieri il marito l’ha cercata invano. Le indagini si sono allargate agli altri ospedali della zona vicino a Nizza, come quello di Antibes da dove nella notte di giovedì sono arrivate numerose ambulanze. Speranze perdute? Serena Lippi, console generale d’Italia a Nizza, ha trascorso la giornata di ieri a visitare i feriti all’ospedale Pasteur. La console ha il dovere della prudenza: «Fino a quando le autorità francesi non ci consegneranno la lista dei deceduti accertati con il test del Dna, tutti i familiari dei dispersi devono continuare a sperare».
Ma la giornata è costellata di notizie che quella speranza sembrano ucciderla ora dopo ora. Poco prima di mezzogiorno in ministero della Sanità francese diffonde la notizia che l’identificazione delle 84 vittime «è praticamente conclusa. Manca un solo nome. Gli ospedali hanno ormai tutti gli elementi. Tocca ora al ministero della Giustizia diffondere la lista». Nel pomeriggio però dalla procura di Parigi si precisa che «solo 34 degli 84 corpi sono stati formalmente identificati». I tempi si allungano. Quel poco che serve ad alimentare la speranza dei parenti ancora per una notte angosciosa.
L’unica buona notizia per gli italiani arriva intorno alle 11 a smentirne un’altra di segno opposto. Nella serata di sabato i parenti della famiglia di Salvatore Sal Sermoneta, un italiano di origine ebraica residente in Canada, avevano segnalato all’unità di crisi della Farnesina la scomparsa di tre persone. Oltre a Salvatore, la moglie Wioletta Podpora di origine polacca e la loro bambina, Siead. I tre Sermoneta avevano fatto salire a nove nomi la lista dei dispersi italiani. Ieri a mezzogiorno invece la famiglia è stata rintracciata in vacanza a Londra per la festa degli amici e dei conoscenti.
In rue Gubernatis invece una famiglia di marocchini esce piangendo dal centro di aiuto alle vittime. Sono i parenti di Fatima Charii, la prima a cadere sotto il camion nella notte di giovedì. Fatima aveva sette figli. È stata uccisa all’inizio della Promenade des Anglais. Suo fratello esce sorretto dai parenti e circondato dalle donne velate. Parla invece il nipote, Lassene. Racconta la storia di «una donna religiosa che amava i suoi figli e li educava. Una madre energica. Adesso – si dispera Lassene – la cosa più difficile è spiegare a quei bambini che cosa è successo. Perché loro sanno, erano lì, hanno visto tutto». Lassene spera solo che tutto si svolga in fretta: «Dobbiamo aspettare le pratiche burocratiche poi Fatima riposerà in Marocco, nel suo paese, come voleva lei».
Poco dopo, dal centro di accoglienza per i familiari delle vittime, esce anche Massimiliano D’Agostino, figlio della coppia di Voghera che risulta dispersa: «Ci hanno fatto l’esame del Dna e ci hanno promesso che ci daranno una risposta nel più breve tempo possibile». Massimiliano racconta che «papà e mamma erano amici dei Casati, la coppia di milanesi che risultano anche loro nell’elenco dei dispersi. Si conoscevano da tanti anni perché qui a Nizza abitavano in case vicine». Amicizie della villeggiatura, coltivate per decenni nei momenti di relax. Non mancheranno molte ore per capire se ancora una volta saranno accomunati tutti nello stesso destino. I tempi tecnici, dettati dalla durata degli esami di laboratorio. Una procedura più lunga del solito, che ha causato anche qualche irritazione tra i parenti dei dispersi. Ma, forse, una procedura inevitabile. Per evitare l’errore commesso durante l’identificazione delle vittime del Bataclan. Quando ci si fidò, in qualche caso purtroppo sbagliando, dei documenti che si trovavano accanto ai cadaveri. Per questo a Nizza è stata scelta la strada del Dna. Le stragi e gli attentati in Francia sono stati tanto frequenti da aver creato un nuovo protocollo per identificare le vittime.