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 2016  luglio 18 Lunedì calendario

Stati Uniti, altri tre poliziotti uccisi da un killer nero

Federico Rampini per la Repubblica
Una nuova scia di sangue apre oggi la convention repubblicana. Altri tre poliziotti morti e tre feriti, ieri, a poche ore dall’inaugurazione ufficiale della kermesse elettorale. Un assalitore nero ucciso in quella che la polizia descrive come «un’imboscata, un agguato per uccidere». Non si ferma l’escalation di tensione politico-razziale. E sembra fatta su misura per il populismo di Donald Trump. «Questi poliziotti muoiono per mancanza di leadership. Esigo che in America siano ripristinate la legge e l’ordine», tuona il tycoon di destra.
L’ultima sparatoria è avvenuta a Baton Rouge in Louisiana, lungo la Airline Highway: vicino al luogo dove il 5 luglio la polizia uccise un venditore ambulante nero, Alton Sterling, 37 anni e padre di quattro figli, scatenando vaste manifestazioni di protesta della comunità afroamericana locale. La topografia non sembra lasciare dubbi, l’assalto ai poliziotti – tra gli uccisi anche un afroamericano – ieri è scattato sulla superstrada dove sono sfilati i cortei di protesta per Sterling. Torna l’effetto-Dallas: nella città del Texas il 7 luglio vennero uccisi cinque poliziotti bianchi per “vendicare” le morti ingiuste di cittadini afroamericani per mano della polizia. La spirale di ritorsioni avvelena il clima elettorale, può avere un impatto sui risultati dell’8 novembre. Quasi certamente le violenze spostano consensi a favore di Trump. E Barack Obama è costretto ad ammettere il grave bilancio: «Per la seconda volta in due settimane degli ufficiali di polizia sono uccisi in un’aggressione vile e ignobile. Questi sono attacchi alla nostra civiltà. Devono cessare». Il presidente è assediato dalla tensione razziale, soffre un improvviso calo di popolarità dopo Dallas (è sceso al 48%), quindi è meno efficace del previsto nel contrastare Trump e sostenere Hillary Clinton.
Il candidato repubblicano aveva già dimostrato nei giorni scorsi di voler sfruttare la tragedia di Nizza. «Il Congresso si riunisca per dichiarare guerra ai terroristi islamici. Voglio da subito controlli estremi sugli immigranti in arrivo da nazioni musulmane». Con queste frasi Trump ha capitalizzato lo shock per la strage in Francia. In un clima di massima allerta delle forze dell’ordine la convention repubblicana che deve incoronarlo e proiettarlo verso la Casa Bianca oggi attira a Cleveland, Ohio, 50.000 visitatori. Prima ancora dell’esecuzione dei tre agenti a Baton Rouge, tutti gli ultimi eventi mondiali – incluso il fallito golpe in Turchia, ennesimo segno di un “caos globale che è l’eredità di Obama-Clinton” – sembrano lavorare in favore del magnate immobiliare newyorchese. «Le sue proposte sono vaghe o impraticabili ma come slogan fanno presa», così il New York Times riassume un giudizio condiviso dalla maggioranza degli analisti. La settimana scorsa si è chiusa con una serie di sondaggi che danno Hillary in discesa, talvolta fino alla parità. L’opinione dell’esperto più autorevole in materia di indagini demoscopiche, Nate Silver di FiveThirtyEight, è che Trump sia risalito in poche settimane al 37% di probabilità di vittoria. Essendo partito dal 20% è un exploit, anche se la Clinton rimane favorita. Il riacutizzarsi delle tensioni razziali non aiuta i democratici il cui leader è un presidente afroamericano. Ci sono più elettori bianchi che neri, una contrapposizione muro contro muro rafforza Trump, che ha cavalcato il tema della “identità bianca”, dipingendo spesso in termini razziali il declino della middle class americana: come fosse un impoverimento causato dall’ascesa di “quegli altri”, neri e ispanici. L’urlo «Trump! Trump!» in alcuni match sportivi è stato adottato dalle tifoserie che vogliono intimidire le squadre ispaniche o gli atleti neri.
La tensione che cresce da Dallas a Baton Rouge potrebbe conoscere una nuova escalation proprio qui a Cleveland. Dove la polizia locale ha potuto vietare durante la convention «armi improprie» come «le pistole ad acqua e le palle da tennis» (sic); ma rimane perfettamente legale girare con un kalashnikov. La lobby delle armi vigila gelosamente su una normativa locale che è tra le più permissive d’America. Di conseguenza alcuni media americani hanno dotato i propri reporter di giubbotti antiproiettile, come gli inviati in Siria o in Afghanistan. Il presidente del sindacato locale dei poliziotti, Steve Loomis, descrive così la missione degli agenti in questi quattro giorni ad altissima tensione: «Qui stanno arrivando schiere di persone molto appassionate, anche fanatiche. E noi dobbiamo tenerle separate». Tra i gruppi che hanno chiesto l’autorizzazione per manifestare si va dagli skinhead filo-nazisti e suprematisti bianchi fino alle New Black Panther. In mezzo c’è di tutto: black bloc anarchici o teocon della destra evangelica, abortisti e anti-abortisti.
Se il grande disordine che regna sotto il cielo – americano e mondiale – rafforza Trump, questo non significa che la strada sia tutta in discesa per lui. Qui a Cleveland mancano molti leader repubblicani, dagli ex presidenti Bush padre e figlio agli ultimi due candidati alla Casa Bianca, John McCain e Mitt Romney. Dal punto di vista della base popolare che lo adora, questa è la conferma che The Donald è il vero outsider, anti-establishment, estraneo al ceto politico. Dietro le defezioni dei notabili affiorano però i timori che lui possa snaturare le tradizioni liberali del Grand Old Party. Lui minimizza le defezioni illustri: compenserà con una sfilata di celebrity alla convention. Invece della solita carrellata di leader politici, qui sembrerà di essere a un reality show, come si addice all’istinto televisivo di Trump.
Lui è riuscito a irritare anche i grandi tesorieri della destra. Per coprire un buco di cinque milioni di dollari nel budget della convention, il vertice del partito repubblicano ha dovuto bussare alla porta di un vecchio rivale di Trump, il magnate dei casinò di Las Vegas Sheldon Adelson. Pur di convincerlo a staccare un assegno milionario, il clan di Trump ha mentito spudoratamente sull’elenco dei grandi sponsor, citando una sfilza di multinazionali. Sono fioccate le smentite, a cominciare dalla Visa (carte di credito) e fino a quella dei fratelli Koch: i più celebri miliardari di estrema destra (business petrolchimico, grandi negazionisti sul cambiamento climatico) ancora non si sono convinti a “turarsi il naso” per appoggiare il più improbabile e sconcertante candidato di destra dai tempi di Barry Goldwater. Un’ironia della sorte ha voluto che l’arena sportiva in cui si tiene questa convention sia stata comprata da Quicken Loans. È la più grande società erogatrice di mutui online. Due milioni di famiglie si sono indebitate con Quicken Loans per comprar casa. Una realtà che sembra rievocare il disastro dei mutui subprime. Da cui ebbe inizio quella grande crisi senza la quale, forse, non ci sarebbe il fenomeno Trump.

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Alberto Flores d’Arcais per la Repubblica
È stato un vero e proprio agguato. Un’imboscata scattata di domenica mattina con una telefonata al 911, un allarme urgente («è in corso una sparatoria ») e le volanti della polizia che si dirigono verso un centro commerciale. La dinamica non è ancora chiara, forse si trattava di due gang che si affrontavano armate, sta di fatto che ad aspettarli i poliziotti hanno trovato un cecchino afroamericano.
Voleva la strage e c’è riuscito: tre agenti, uno dei quali afroamericano, sono rimasti a terra, freddati dai colpi di fucile, altri sette sono feriti, tre in modo grave.
Non sono passate neanche due settimane dalla morte di Alton Sterling (il nero disarmato ucciso dalla polizia) e Baton Rouge vive un’altra giornata di orrore in questa guerra razziale mai dichiarata che ha già visto troppi morti innocenti. Se a Dallas, appena dieci giorni fa, il killer per colpire si era nascosto tra la folla (ai margini di una manifestazione di protesta), in Louisiana chi aveva deciso di far scorrere il sangue dei poliziotti ha usato il trucco della chiamata al centralino.
È accaduto tutto rapidamente. Erano da poco passate le nove di mattina, le macchine bianche della polizia di Baton Rouge che arrivano a sirene spiegate (il dipartimento è a pochi isolati di distanza), gli spari all’altezza del cavalcavia sulla Airline Highway, nei pressi dell’Hammond Aire Plaza, un centro commerciale sempre piuttosto affollato. Era vestito con una tuta nera e aveva il volto coperto, «sembrava un Ninja» racconta una testimone, almeno trenta i colpi sparati. Morti e feriti, gli agenti rispondono al fuoco, il cecchino è colpito a morte (aveva un fucile d’assalto, ormai simbolo di questa guerra nelle strade d’America). Si tratta di Gavin Eugene Long, ha agito nel giorno del suo 29esimo compleanno.Era un ex marine di Kansas City congedato con onore nel 2010. Probabilmente a spalleggiarlo c’erano dei complici. E due sospetti sono stati fermati mentre tentavano di attraversare il fiume Mississippi.
Per ore dopo l’agguato le squadre speciali di artificieri setacciano l’area con un robot radiocomandato, per controllare che non siano stati piazzati esplosivi. Secondo altre testimonianze la sparatoria sarebbe invece iniziata prima dell’arrivo degli agenti . Un testimone oculare si dice certo che fosse in corso uno scontro armato tra gang rivali, una versione che ha trovato diversi riscontri anche nella polizia. Ma al momento la versione ufficiale resta quella dell’imboscata.
Martedì scorso la polizia aveva arrestato tre giovanissimi neri che avevano compiuto una rapina ad un banco dei pegni, impadronendosi di armi con cui, avrebbero confessato alla polizia, volevano «uccidere agenti per vendicare la morte di Sterling». La sparatoria di Baton Rouge arriva all’indomani della nascita, nella capitale della Louisiana, della sezione locale del New Black Panther Party, il partito delle nuove pantere nere, i cui leader proprio da ieri si trovavano in città per una delle tante manifestazioni pacifiche che ogni giorno vengono organizzate per protestare contro la polizia, in particolare contro l’uccisione il 5 luglio di un nero disarmato, Alton Sterling, 37 anni. Uno dei responsabili del movimento, riporta il canale locale della Abc, avrebbe detto ai manifestanti: «È il momento per una nuova leadership e una nuova organizzazione nella lotta a Baton Rouge. Le nuove pantere nere sono le più adatte». Sull’account Twitter del New Black Panther Party, come pure su quello del movimento Black Lives Matter (le vite dei neri contano), nelle ultime ore si sono moltiplicati gli insulti razzisti da parte di anonimi bianchi, che promettono vendetta.