La Gazzetta dello Sport, 17 luglio 2016
Gira sempre più insistente la voce che il golpe turco, già fallito dopo poche ore, sia stato in realtà preparato dallo stesso Erdogan, che ha adesso, per esempio, la forza sufficiente per cambiare la Costituzione e può procedere a epurazioni importanti degli apparati

Gira sempre più insistente la voce che il golpe turco, già fallito dopo poche ore, sia stato in realtà preparato dallo stesso Erdogan, che ha adesso, per esempio, la forza sufficiente per cambiare la Costituzione e può procedere a epurazioni importanti degli apparati. Tesi ardita, ma non troppo improbabile, conoscendo i machiavellismi del sultano di Istanbul.
• Non sono dietrologie esagerate?
Non lo so. Antonio Ferrari, giornalista e grande esperto di faccende turche, parla di «minigolpe improprio a scoppio anticipato». E aggiunge: «Un golpe di quattro ore non è immaginabili nemmeno nello stato libero di Bananas. Non mi stupirei che la miccia sia stata accesa dallo stesso Erdogan o dai suoi fedelissimi. Pensate possibile che Erdogan lanci un appello al popolo invitandolo a scendere nelle strade e a proteggere il Paese, mentre vola su Francoforte, pronto a scendere a Berlino per inginocchiarsi davanti a Merkel supplicando asilo politico? Via, la verità è che era in vacanza a Marmaris, è salito sull’aereo diretto ad Ankara, poi ha preferito dirigersi a Istanbul, avendo saputo che c’erano migliaia di persone ad attenderlo, assonnate ma festanti. Fine del golpe, quattro ore dopo. Ma per cortesia».
• Supponendo che i golpisti fossero seri, dove hanno sbagliato?
L’errore capitale è stato non catturare Erdogan e non mandare subito in televisione - hanno avuto in mano gli studi per un paio d’ore - il rappresentante del nuovo ordine. È la strada che ha seguito al Sisi nel colpo di stati egiziano: incarcerare subito Mohamed Morsi, cioè il presidente al potere, prendere il controllo della piazza in modo da bloccare sul nascere la mobilitazione dei Fratelli Musulmani, affacciarsi sul piccolo schermo e mostrare il volto del nuovo padrone, cioè il suo. Qui, il capo della rivolta sarebbe un ufficiale della bassa forza, mai sentito nominare e che era stato rimosso dallo staff dello Stato Maggiore lo scorso marzo. Si chiama - o si chiamava: il suo destino non ci è noto - Muharrem Kose. I golpisti hanno addirittura avvertito in anticipo le loro ambasciate nel mondo che «tra mezz’ora» avrebbero preso il potere. Era poi abbastanza demenziale l’idea di tenere sotto controllo un paese enorme come la Turchia muovendosi solo a Ankara e a Istanbul.
• Come si spiega l’esitazione del mondo nel manifestare la solidarietà a Erdogan?
La Turchia è un partner importantissimo per tutti, sia sul piano commerciale che - soprattutto - su quello militare. Gli americani per esempio fanno partire i loro raid contro il Califfo dalla base aerea di Incirlik, nel sud del Paese. Prima di prendere posizione, hanno aspettato tutti di capir meglio come si sarebbero evolute le cose. La prima dichiarazone è arrivata da Obama intorno all’una di notte: «Gli Stati Uniti sostengono il governo democraticamente eletto». Queste parole erano l’annuncio che i golpisti avevano fallito. Subito dopo ha parlato Angela Merkel: «L’ordine democratico deve essere rispettato». Putin ha fatto sapere che il governo russo non era stato contattato in precedenza né dai golpisti né dagli uomini di Erdogan. «La Russia è estremamente inquieta e chiede che la Turchia torni sul sentiero della stabilità politica». Uno dei problemi dei golpisti è stato proprio questo: nessun appoggio dal resto del mondo. Ed era abbastanza ovvio, se si guarda alla politica seguita da Erdogan in queste ultime settimane.
• Che politica ha seguito Erdogan in queste ultime settimane?
Una politica di ricomposizione generale con tutti i paesi del mondo, compresi i suoi vicini e a parte i curdi. Il nuovo premier, Binali Yildirim, fedelissimo di Erdogan, ha annunciato da poco la pace con Israele. Erdogan ha mandato una lettera di scuse a Putin per l’abbattimento di fine novembre del jet russo, e con questo è cominciato il riavvicinamento con Mosca. Il rapporto con la Ue è reso forte dai tre milioni di profughi siriani che restano in Turchia in cambio di sei miliardi di euro. C’è stata una mano tesa persino verso Bashar al Assad, bestia nera del regime fino a poco tempo fa. Sono gli effetti della cacciata di al Baghdadi da Siria e Iraq. Erdogan vuole avere voce in capitolo nel disegno dei nuovi assetti.
• Qual è il bilancio del fallito golpe, a questo punto?
I morti sono quasi duecento: 104 golpisti, 41 poliziotti, due soldati fedeli al governo e 47 civili. I militari arrestati sono 1.563. Il premier Binali Yildirim ha fatto capire che, per farla pagare ai golpisti, potrebbe essere riesumata la pena di morte.