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 2016  luglio 16 Sabato calendario

Cairo, l’outsider che ha fatto cadere l’ultimo salotto buono

Il 15 luglio della finanza italiana potrebbe essere ricordato come la disfatta dell’ultimo salotto buono. Con Urbano Cairo, l’editore dei settimanali nazional popolari che espugna il fortino di Mediobanca nel quale sono asserragliati Alberto Nagel, Marco Tronchetti Provera, Carlo Cimbri, Diego Della Valle e Andrea Bonomi. L’establishment che, con un certo snobismo, ha cercato di evitare fino all’ultimo che un venditore di pubblicità che si è fatto le ossa con il Silvio Berlusconi delle tv potesse mettere le mani sull’istituzione Corriere della Sera. Probabilmente costoro non usciranno di scena completamente, manterranno quel 25% della casa editrice che consente di interloquire ma non di comandare. E forse cercheranno di impedire la fusione, cioè la contaminazione dei periodici popolari di Cairo e della tv commerciale (la7) con i brand “premium” di via Solferino. Questo era ed è il rischio percepito dagli avversari. E sulla base di questa presunta non adeguatezza di Cairo, Nagel ha convinto Bonomi a scendere in campo e a fornire un’alternativa degna del nome Rizzoli. Ma gli azionisti Rcs hanno scelto l’imprenditore che si è fatto da solo e che negli ultimi anni ha regalato dividendi e non perdite ai propri soci. Bonomi dall’alto delle sue operazioni azzeccate nel private equity ha cercato di far dimenticare l’indimenticabile, cioè l’operazione Recoletos e quasi dieci anni di perdite a bocca di barile. Con il corollario di Della Valle che inveisce contro il patto di sindacato e contro i padroni della Fiat ma poi si siede al tavolo con Nagel e John Elkann per spartirsi l’ultimo cda. Il patron della Tod’s è stato in effetti il più restìo a infilarsi nella battaglia per l’Opa, non voleva apparire al fianco della vecchia guardia, lui che l’ha tanto combattuta. Ma non ha avuto il coraggio di seguire Cairo quando Elkann si è sfilato da primo azionista Rcs. “Urban cowboy”, così l’hanno soprannominato alcuni suoi collaboratori, si è gettato nella mischia seguendo il suo istinto ma con la razionalità del buon padre di famiglia. Il suo merito è di aver scelto i compagni di viaggio più giusti per un’avventura di questo tipo. Il primo a dargli fiducia è stato Gaetano Micciché, che ama definirsi il banchiere dell’economia reale, forse per distinguersi dai banchieri d’affari di piazzetta Cuccia. Convinto che per risolvere i guai di via Solferino ci volesse un solo padrone, meglio se anche editore, Micciché ha portato Cairo al cospetto di Giovanni Bazoli, per anni il garante degli equilibri al Corriere su investitura dell’Avvocato Agnelli. E l’ottantenne Bazoli, dopo aver incassato i dinieghi di Rocca, Pesenti e dello stesso Bonomi per la sostituzione della Fiat, ha fiutato che Cairo potesse essere l’uomo giusto per rompere l’egemonia di Mediobanca. Tuttavia l’editore di Alessandria nonavrebbe potuto raggiungere questa vittoria se non avesse avuto al suo fianco un plotone di banchieri, avvocati e consulenti che hanno costruito il successo passo dopo passo. Con Sergio Erede al proprio fianco, l’avvocato che negli ultimi vent’anni ha consigliato Benetton e Del Vecchio quando comprarono la Sme, Roberto Colaninno quando ha vinto l’Opa Telecom e Pietro Salini nella conquista dell’Impregilo, le maglie inesplorate dei regolamenti Consob diventano più facili e accessibili. La sua interpretazione legale dell’Opa prevalente negli ultimi tre giorni di battaglia ha messo in difficoltà gli arbitraggisti di Piazza Affari, che raccoglievano le Rcs a 0,98 per portarle a Bonomi a 1 euro. Ma il lavoro certosino con gli investitori istituzionali, italiani ed esteri, è stato fatto sapientemente da Banca Imi ed Equita Sim, che ormai contendono a Mediobanca la primazia nel settore. E non sono stati dimenticati neanche i piccoli investitori, blanditi con una campagna pubblicitaria divertente e con un consulente ad hoc, Sodali scelti per non lasciar nulla al caso.