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 2016  luglio 16 Sabato calendario

Raid militari e lupi solitari: la strategia del pendolo dell’Isis

È un pendolo che oscilla sempre più veloce e colpisce sempre più forte. La strategia di attacco all’Occidente da parte dell’Isis è una minaccia ibrida che ha spiazzato le forze di sicurezza europee, finora incapaci di trovare le contromisure. Lo Stato islamico alterna attacchi militari, organizzati a Raqqa, condotti da jihadisti addestrati e induriti dai combattimenti al fronte, ad altri indotti, improvvisati, affidati a simpatizzanti senza contatti diretti con il Califfato, ai margini sociali o con problemi psicologici. Più facili da suggestionare.

Due tipi di attacchi
I due tipi di attacchi si alimentano a vicenda. Il legame che rende possibile l’oscillazione del pendolo è l’uso della propaganda digitale. Tecnologie postmoderne sfruttate per amplificare la portata del terrore, attrarre nuove reclute, indicare tempi e modi per gli attentati e imporre una visione della società islamista e medievale. Gli esempi più netti sono sia in un attacco militare, a Dacca, che in uno di un lupo solitario, a Magnanville. In un caso le foto dei corpi straziati delle vittime, nove italiani, vengono postate sul Web assieme alla rivendicazione, mentre la strage è in corso. Nell’altro il terrorista Larossi Abballa giura fedeltà all’Isis in diretta video su Facebook, dalla casa dei due agenti che ha appena ucciso con un coltello.
Poco importa che gli attacchi siano rivendicati o no, come finora per quello di Istanbul, della Medina o di Nizza. «Non c’è una regola», spiega l’analista David Thomson, autore de «Les Français jihadistes». L’universo digitale islamista, che ora sfrutta molto di più il canale Telegram di Twitter o Facebook, reagisce a input sotterranei. L’importante è mantenere l’oscillazione del pendolo. I simpatizzanti, i possibili futuri lupi solitari, sanno che dietro c’è la mano dell’Isis. A volte reclamano una sua presa di posizione ufficiale. Che può tardare per ragioni tecniche o non arrivare mai per opportunità politiche, come nel caso degli attentati in Turchia o in Arabia Saudita. Ma le tracce disseminate sono evidenti.
L’attacco a Nizza è l’ultimo episodio di una campagna lanciata nel settembre del 2014, subito dopo la formazione della coalizione a guida Usa che ha cominciato a bombardare lo Stato islamico nell’agosto di quell’anno in Iraq e il mese dopo in Siria. L’Isis reagisce con ferocia. Le linee guida vengono dettate in un messaggio del portavoce del Califfato Mohammed Al-Adnani. Si rivolge a tutti i musulmani che vivono nei Paesi occidentali. Li esorta all’hijira, l’emigrazione nel Califfato per rafforzarlo. Se non è possibile, a colpire in patria: «Non chiedete consiglio e permesso a nessuno. Uccidete gli infedeli siano essi militari o civili. Entrambi sono da considerare come aggressori se appartengono a un Stato in guerra».
La figura di Al-Adnani
Al-Adnani è anche comandante militare, siriano nato nelle campagne di Idlib, ed è a capo dell’Amn al-Kharji, i Servizi esterni che organizzano gli attacchi all’estero. Indica i Paesi da colpire. Prima di tutti gli «sporchi» francesi, la loro società laica e «promiscua», poi americani, canadesi, australiani. Tutte nazioni che partecipano attivamente ai raid. Dà indicazioni su come fare. Parla di «schiacciare le teste con un masso», usare coltelli e «investire con le auto». Ma anche di «distruggere i raccolti e avvelenare i pozzi». Il riferimento è a una sura del Corano. Quando l’embrione del Califfato è in pericolo si fa «terra bruciata» e saltano tutte le limitazioni. Si uccidono anche i bambini. Le citazioni religiose servono a dare legittimità. Ma anche a lasciare segnali in codice.
Al-Adnani ha lanciato l’oscillazione del pendolo. Un mese dopo, il 20 ottobre, a Saint-Jean-sur-Richelieu, in Canada, il jihadista Martin Rouleau investe due militari, ne uccide uno, poi viene abbattuto. Due mesi dopo tocca alla Francia. Il 21 dicembre a Digione, 11 feriti, il 23 a Nantes, 13 feriti e un morto. L’attacco canadese suscita uno scontro all’interno degli jihadisti. Si dibatte sul Web: usare veicoli per investire, il ramming, non è considerato «ortodosso». Nel 2010 Bin Laden ha bocciato l’idea dopo che la rivista qaedista «Inspire» aveva messo in copertina un fuoristrada «falcia-infedeli». Non voleva «stragi indiscriminate» che potessero far «vittime anche musulmane».
È un punto di frattura ideologica fra Isis e Al-Qaeda. Al-Adnani ribadisce che il ramming è legittimo. Se muoiono anche musulmani, amen. Facevano meglio a emigrare nel Califfato. L’obiettivo, conferma H.A. Hellyer, analista del Royal United Services Institute di Londra, è anche eliminare la «zona grigia», i posti dove convivono cristiani e islamici, fra il «nero» del Califfato e il «bianco» del Dar al-Harb, l’Occidente.
Il protocollo dell’Isis è fissato. Il primo attacco militare, il 7 gennaio a Charlie Hebdo, è ancora a metà strada fra Al-Qaeda e Isis. Chérif Kouachi ha militato nell’Al-Qaeda irachena che poi è diventata Isis. L’attacco innesca l’emulazione con la strage al minimarket kosher di Amedy Coulibaly, più lupo solitario. Al-Adnani intanto organizza la cellula brussellese-parigina. Dopo i micro attacchi al museo ebraico della capitale belga e al treno Amsterdam-Parigi, arrivano le stragi del 13 novembre 2015 a Parigi e del 22 marzo a Bruxelles.
Ramadan di sangue
Al-Adnani ribadisce le linee guida in un altro audio il 21 maggio scorso. Esalta i «cari lupi solitari». I loro attacchi «valgono di più». Incita a un Ramadan di sangue. Il pendolo oscilla frenetico. I lupi colpiscono a Magnanville in Francia, Orlando in Florida, anche se questo massacro è controverso e criticato da Al-Qaeda per «la confusione degli obiettivi». Poi gli attacchi militari. Al cuore della Turchia, un tempo considerata amica. A Baghdad, la più grande strage di musulmani sciiti in un decennio. A Dacca. Finito il Ramadan, mese di «raccolti doppi» perché sacro, tocca alla festa laica del nemico più odiato, «i luridi francesi», dell’ideale più odiato, la liberté. Un doppio simbolismo che chiude il cerchio. Ma il pendolo non si ferma.