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 2016  luglio 16 Sabato calendario

E dire che a Nizza stavano pensando da mesi alla possibilità di un attentato in città: per via del Carnevale, per via degli Europei e per via del Festival del Cinema a Cannes, che è a pochi chilometri

E dire che a Nizza stavano pensando da mesi alla possibilità di un attentato in città: per via del Carnevale, per via degli Europei e per via del Festival del Cinema a Cannes, che è a pochi chilometri. Il 5 febbraio aveva presieduto una riunione in città il ministro dell’Interno Cazeneuve, l’8 marzo era stata condotta, proprio a Nizza, un’esercitazione anti-terrorismo che aveva tenuto conto della possibilità di un attacco nucleare, di un attacco batteriologico e di un attacco chimico, come ha spiegato alla stampa François-Xavier Lauch, viceprefetto della regione Alpes-Maritimes. Era stato studiato per bene un dossier dell’ex generale israeliano David Lisnard, che aveva fatto tutta una serie di considerazioni basate sui precedenti attacchi agli hotel (Bombay 2008) e alle stazioni di Madrid (2004). La festa del 14 luglio e l’uomo solitario che alla guida di un tir di 25 tonnellate zigzaga sul Boulevard des Anglais con l’intenzione di schiacciare i passanti, sparandogli pure addosso, non era stata neppure immaginata.

Non so come si sarebbe potuta immaginare. S’è capito se era solo o no?
Si sono cercati per parecchie ore i complici, con battute anche vaste, ma invano. La ricostruzione dell’attentato sembra escludere che abbia agito un commando. L’attentatore ha fatto tutto da sé: mercoledì 13 luglio è andato a Saint-Laurent-du-Var per noleggiare questo tir, il giorno 14 ha parcheggiato il camion vicino alla Promenade des Anglais, in un punto dove però era stato stabilito il divieto di sosta, in previsione della folla che la sera si sarebbe riversata sul lungomare per assistere allo spettacolo dei fuochi d’artificio. Alla richiesta di spostarsi, il killer ha detto che distribuiva gelati e la polizia lo ha lasciato perdere. Poche ore dopo, alle 22.30, la strage.  

Come si chiama?
Mohamed Lahouaiej Bouhlel, 31 anni, sposato, tre figli. La moglie, fermata e interrogata, lo aveva lasciato, e Mohamed era entrato in depressione. I vicini lo descrivono come un tipo silenzioso e sgarbato. Era nato a Sousse, in Tunisia. Di mestiere faceva l’autista per una società di consegne. Abitava a Nizza, in boulevard Henri Sappia, condominio Bretagne C. Tipici casermoni della periferia, che i cronisti sono andati a fotografare con i loro telefonini, postando poi le immagini in rete. Ci sono anche le foto dell’appartamento. Un corridoietto, una stanzina là in fondo. Solitudine.  

Non potrebbe essere che l’islamismo c’entri poco e che questo qui abbia fatto il pazzo per via della moglie che aveva chiesto il divorzio?
Potrebbe essere. A bordo aveva armi di grosso calibro, ma erano giocattoli. C’erano anche una patente, una carta di credito e un telefono cellulare. Un’arma vera però ce l’aveva: una 7.65 con cui ha sparato parecchie volte, tra l’altro per fermare un motociclista che all’inizio della strage ha cercato di bloccarlo. La prima vittima è una signora musulmana madre di sette figli. I morti in tutto sono 84 e tra questi ci sono dieci bambini. Ha zigzagato ammazzando per più di due chilometri. Hollande ha proclamato tre giorni di lutto e prolungato di tre mesi lo stato d’emergenza che doveva finire il 26.  

Poiché il rischio attentato era stato preso in considerazione, il massacro di Nizza è la prova che non c’è praticamente difesa.
Bouhlel era noto per piccoli episodi, scazzottate soprattutto, per le quali s’era fatto anche qualche giorno in cella. Negli schedari le sue impronte digitali c’erano. Ma fatti di terrorismo, niente. Risulta anzi che fosse pochissimo religioso, dunque l’esultanza dei siti islamisti, la solita retorica del martire e di Allah sembrano ancora più insensati del solito. Quindi, la possibilità di prevenire un’azione del genere era effettivamente pari a zero. Lo ha detto anche il ministro degli Interni tedesco, Thomas De Maizière, in una conferenza stampa convocata ieri mattina: «Benché le autorità preposte alla sicurezza in Germania facciano tutto il possibile per assicurare tranquillità ai cittadini, non c’è garanzia che questa azione possa essere efficace. Continuare a vivere con i nostri valori è la miglior risposta da dare al terrorismo in tutto il mondo».  

Sì?
Oppure c’è il sistema israeliano. Un’enorme attività di intelligence e un popolo perennemente in armi, dal primo all’ultimo cittadino, donne comprese. Servizio militare obbligatorio di tre anni (un anno per le donne), con richiamo per tutti ogni anno, fino a che non si sono compiuti 50 anni. In altri termini: una mobilitazione generale continua. Non si azzera il rischio, ma lo si contiene. Loro accettano in pieno questo jsistema militarizzato perché si sentono assediati da un pezzo e sanno che c’è almeno un paese, l’Iran, che dichiara ufficialmente di volerli annientare. Noi non abbiamo questa consapevolezza e nonostante tutto ci sentiamo sicuri, parendoci impossibile che casi come quelli di Nizza capitino proprio a noi. Sensazione destinata a durare chi sa ancora per quanto tempo.