ItaliaOggi, 15 luglio 2016
Maduro vuole nazionalizzare i pannolini
Nel Venezuela alla canna del gas, dove il presidente Nicolas Maduro ha proclamato lo stato d’emergenza, adesso il successore di Hugo Chávez vuole nazionalizzare anche i pannolini per i bambini decidendo di occupare la fabbrica americana del gruppo Kimberly-Clark. Il gruppo Usa possiede marchi di pannolini, fazzoletti di carta, carta igienica, salviette, e altri prodotti per l’igiene personale (Kleenex, Huggies, Cottonelle) molto utilizzati dalla popolazione che però non ha più i soldi per comprare neppure il cibo. La maggior parte vive, infatti, sotto la soglia della povertà.
Tuttavia, non c’è da sorprendersi della mossa di Maduro. Dalla fabbrica di Maracay, situata a un centinaio di chilometri a ovest della capitale Caracas, Kimberly-Clark aveva già annunciato nei giorni scorsi che avrebbe cessato la produzione in conseguenza del continuo peggioramento delle condizioni economiche del paese dove la crisi economica, politica e istituzionale ha portato l’inflazione dal 180,9%, registrata nel 2015, all’insopportabile 720% del 2016 secondo la valutazione del Fondo monetario internazionale (Fmi).
Nonostante questo, per il benessere dei propri cittadini il presidente del paese in default non ha esitato a utilizzare le maniere forti con Kimberly-Clark con lo slogan: «Fabbrica chiusa, fabbrica occupata».
Molteplici sono i fattori che hanno condotto in queste condizioni il paese che Maduro guida dal 2013. In particolare, la caduta del prezzo del petrolio, che era, ed è ancora, la prima fonte, la più importante, di reddito del paese sudamericano. Il crollo delle quotazioni ha provocato un impoverimento generale del paese con la conseguenza che si è arrivati alla carenza di prodotti di prima necessità, che devono essere razionati. E la popolazione fa la fila per comprare il cibo con una tessera.
Per spiegare la chiusura del proprio stabilimento venezuelano, aperto da più di vent’anni, Kimberly-Clark ha fatto riferimento alla scarsità di valuta necessaria per acquistare le materie prime. Tra le cause di questa penuria c’è anche la spaventosa inflazione della moneta locale, il bolivar venezuelano. Tuttavia il gruppo americano ha assicurato ufficialmente che è pronto a riconsiderare la propria posizione di lasciare il Venezuela se le condizioni economiche dovessero cambiare in meglio.
Kimberly-Clark non è sola in questa scelta di lasciare il Venezuela. Già Kraft, Heinz, Citibank hanno deciso di andarsene, almeno temporaneamente. Quanto a Coca-Cola, uscita velocemente è già ritornata.