MilanoFinanza, 15 luglio 2016
La Merkel si è ammorbidita, è il caso di approfittarne
Molti hanno notato il tono meno chiuso e indisponibile delle dichiarazioni di Angela Merkel e di Wolfgang Schaeuble sugli interventi pubblici nelle banche, con riferimento specifico al caso del Montepaschi, anche se la genericità delle affermazioni si presta a volgerle, all’occasione, nel significato ritenuto più opportuno. Intanto però i toni sono diversi ed è già un sia pur lieve progresso. A spiegare il cambiamento alcuni hanno fatto riferimento al referendum costituzionale autunnale e alle presunte preoccupazioni della Merkel per il rischio di un indebolimento del governo e del premier, Matteo Renzi. Secondo costoro, creare oggi un altro problema all’esecutivo italiano sarebbe visto come improvvido dalla Cancelliera. Molto più semplicemente si dovrebbe pensare, per individuare una motivazione, al fatto che anche in Germania, approssimandosi la pubblicazione dei risultati degli stress test e, prima ancora, profilandosi una sentenza della Corte di giustizia europea probabilmente non così favorevole ai rigoristi in materia di burden sharing, si cominci ad aggiustare il tiro.
Si estende, insomma, la consapevolezza che tra Deutsche bank e altri istituti con esposizioni in derivati, Sparkasse e Landesbank con problemi anche di capitalizzazione e di sottrazione di fatto alla Vigilanza unica, non si è sottratti a rimbalzi autolesionistici che possono derivare dal rigorismo cieco finora mostrato nel sostenere rigidamente la condivisione delle perdite e il bail-in, senza valutare le aperture che le stesse norme relative offrono. Se poi le cose dovessero prendere un’altra piega, la flessibilità delle dichiarazioni rese sarà utilizzata all’uopo, senza che si potrà essere presi in contropiede: così avranno pensato i dichiaranti, primario rimanendo l’interesse di tutelare il sistema bancario tedesco, in prossimità di una scadenza importante in cui bisognerebbe osservare, ad opera dei partner europei, come per misurare lo stress, sarà considerata la ingente mole di derivati nei quali sono esposte banche tedesche e non solo la Deutsche bank. In sostanza, se ne deduce che bisogna verificare il danno che possono arrecare alcune normative per poter mutare una posizione che, diversamente, resterebbe ancorata alla strenua rigidità.
Allora c’é da sperare che la posizione espressa sia coerente e che non si ostacoli un intervento pubblico di sostegno – nel caso specifico, nel Monte – che venga dispiegato senza penalizzare gli obbligazionisti subordinati, siano essi retail oppure istituzionali. Ben diverso, invece, sarebbe se si volesse tutelare solo il retail e, poi, semmai ammettere agli arbitrati gli investitori istituzionali o, comunque e peggio ancora, assimilarli tout court agli azionisti: si è già ricordato al riguardo la grave vicenda portoghese che ha visto la penalizzazione di creditori proprio in questa categoria di obbligazionisti. Al punto in cui siamo, allora, la cartina di tornasole della bontà delle tesi tedesche, data la particolare influenza che esse esercitano sulla Commissione Ue, potrà essere data dal riscontro di una diversa disponibilità di quest’ultima, verificabile con l’accelerazione del negoziato con l’Italia. In ogni caso, un’accelerazione si impone e dovrebbe essere richiesta con forza dal governo italiano.