la Repubblica, 15 luglio 2016
I topi ci batteranno sempre, facciamocene una ragione
Chissà se Jeeg Robot armato di un piffero sarebbe capace di far uscire dalle loro tane i topi di Tor Bella Monaca e farsi seguire come il ragazzo della celebre fiaba fin dentro le acque limacciose del Tevere? E se gli riuscisse l’impresa, saprebbe Virginia Raggi compensarlo a dovere senza che debba poi bissare la cosa coi bambini del quartiere? I topi, come quello che ha morso una ragazza nel centro di Roma, sono il peggior amico dell’uomo, e liberarsene appare un’impresa ardua. Certo limitarne la crescita eliminando i rifiuti sparsi per le strade di Roma, come di tante città del mondo, sarebbe già un bel risultato che si ottiene senza applicare arti magiche. I topi sono l’animale domestico che segue l’uomo da migliaia di anni. La nostra comunanza risalirebbe a 23mila anni fa. Allora le società umane erano composte di pochi individui che vivevano di caccia, pesca e qualche raccolto, e si spostavano di continuo seguiti da presso dai topolini, che si nutrivano di residui dei pasti. Nelle zone prospicienti il Mar Caspio sono stati trovati resti fossili che attestano un’associazione con questi animali; i cui progenitori, come quelli di tutti i mammiferi, sono sopravvissuti in nicchie ecologiche durante il regno dei dinosauri.
Il Mus musculus, il cosiddetto topo domestico, appartiene alla famiglia dei Muridi, che contiene ottantatré generi di animali, tra cui il temibile Rattus.
Sembra che il topolino domestico, quello raffigurato in cartoni animati e fumetti, provenga dalla zona compresa tra il Kazakhstan, il Turkmenistan e l’Iran, e abbia seguito due strade per diffondersi: una continentale, verso il Centro-Europa, e una mediterranea. Dall’Africa sarebbe passato, come spiega Francesco Santoianni in Topi (Giunti), in Europa attraverso lo stretto di Gibilterra non più di 4mila anni fa, per mescolarsi con altri tipi di topi che infestavano l’Europa da vari millenni. Quindi dilaga in Italia e colonizza tutta la pianura padana a nord del Po, inseguito successivamente poi dal suo cugino, il Rattus. Questo pericoloso topo, secondo una leggenda, sarebbe sbarcato nel XII secolo nascosto dentro le navi crociate di ritorno dalla Palestina, per quanto in realtà già testimoniato su monete romane e bronzi etruschi nel II secolo a.C.; di poco seguente è l’altrettanto terribile
Rattus norvegicus, la cui apparizione lasciò interdetti i naturalisti europei. Probabilmente è lui, il topo di fogna, a comparire a Tor Bella Monaca, lui che agita i sogni e gli incubi di molti, come ha mostrato Freud. Ma è anche vero, come accaduto a Roma, che morsica gli umani. Robert Sullivan, collaboratore del New Yorker, dopo averlo studiato per un intero anno stando in un vicolo di New York vicino alla spazzatura, ne ha fornito uno straordinario ritratto in Ratti (Isbn).
La prerogativa dei topi è quella di moltiplicarsi rapidamente; la femmina ha sei paia di mammelle e va in calore da sei a otto volte l’anno per circa sei ore; durante questo tempo si unisce ai maschi. Una femmina può essere coperta da trecento a cinquecento volte offrendo così un’enorme potenzialità riproduttiva. Il Rattus norvegicus è sessualmente maturo all’età di 8-12 settimane e si riproduce cinque volte all’anno, con una gravidanza che dura tre-quattro mesi; mette al mondo da quattro a dodici piccoli. Sebbene viva al massimo tre anni, può generare sino a 170 piccoli, che a loro volta si riproducono, così che in tre generazioni (nove anni) ci sarebbero 2.197.000 di ratti. A questo ritmo, nell’arco di settant’anni, si arriverebbe a una cifra di 5 seguito da 43 zeri con un peso complessivo pari a circa un miliardo di miliardi di volte il peso dell’intero Pianeta.
Se anche sterminassimo tutti i topi contemporaneamente, scrive Santoianni, basterebbe una sola femmina adulta anche senza maschio per ricominciare a riprodursi: una femmina che ha partorito una sola volta può infatti riprodursi senza accoppiarsi, perché in grado di ritenere gli spermatozoi o gli zigoti. Una prerogativa incredibile in un mammifero, cui si aggiunge un altro dettaglio: se una femmina incinta di un maschio ne incontra un altro che le piace di più, può far regredire i feti “riassorbendoli” completamente, per poi cominciare la gestazione con il nuovo partner.
Con queste e altre prerogative i topi si sono adattati a ogni angolo della Terra e prosperano. Pur essendo animali individualisti, sono in grado di collaborare tra loro. Diffidenti, sospettosi e intelligenti, curano molto la prole; curiosi e desiderosi di sapere, sono veri e propri esploratori. Che fare contro di loro? Ridurre i rifiuti aiuta moltissimo, ma non basta. Forse saranno proprio loro, insieme agli insetti, i successori degli uomini. Come ha detto in un’intervista radiofonica nel 1974 Italo Calvino: «Le città saranno popolate da queste masse enormi di topi che usciranno alla luce del giorno». Ma se noi umani non ci saremo più, di chi diventeranno i più fedeli amici-nemici?