La Stampa, 15 luglio 2016
Conte al Chelsea è molto «happy»
Non vuole soprannomi. Niente etichette di «Worker One», «Special Worker» o «Passional One», per ora. Sfoggiando l’abito buono e un inglese neanche troppo sgualcito («Mi scuso, ma lo sto ancora studiando e prometto di migliorare») nel salotto di Stamford Bridge, Antonio Conte garantisce di essere «happy» di ritrovarsi al Chelsea. «Un nuovo capitolo della mia vita e della mia carriera in un Paese fantastico con un campionato fantastico», recita convinto l’uomo che fino a tredici giorni fa occupava la panchina dell’Italia. Una Premier League in arrivo così fantastica da essere bollata, dopo neanche due frasi, come «il torneo più difficile del mondo con cinque o sei grandi squadre che possono vincere il titolo. Tra queste c’è anche il Chelsea».
Derby italiano a quattro
Nel campionato inglese alle porte, già affascinante e intrigante di suo, ci sarà spazio anche per la cordiale supremazia di quartiere nel quartetto di allenatori «rappresentanti dell’Italia»: il confermato Guidolin e il nuovo arrivo Mazzarri chiamati a fare bene con lo Swansea e il Watford della famiglia Pozzo, Ranieri desideroso di confermarsi, dopo l’epico e inaspettato titolo della scorsa stagione, ai piani alti con il Leicester dei miracoli e Conte obbligato a ricondurre il Chelsea nelle zone nobili della classifica. Non proprio un qualcosa di così scontato, vista la qualità e la quantità di una concorrenza composta anche dalle due squadre di Manchester, City (Guardiola) e United (Mourinho), e da Arsenal (Wenger), Tottenham (Pochettino), Liverpool (Klopp) e West Ham (Bilic).
«Non so se questa è la sfida più dura, ma mi eccita. Quando arrivai alla Juve – ricorda il nuovo occupante della panchina Blues -, partimmo quasi da zero, con due settimi posti alle spalle, e costruimmo una squadra capace di vincere tre scudetti di fila. Qui riparto dalla decima posizione, ma sono venuto per riportare il Chelsea a lottare per il titolo e in Champions League. La pressione non mi spaventa, ci sono nato. Non ho avuto tempo di telefonare a nessuno dei miei colleghi italiani che sono già in Inghilterra. Nei prossimi giorni, però, chiamerò Ranieri perché è una brava persona e con il Leicester ha fatto qualcosa di straordinario. Della mia esperienza italiana mi porterò dietro tutto quello che ho fatto da calciatore e da allenatore». E anche uno staff di collaboratori di quattro persone, composto dal fratello Gianluca, dall’allenatore in seconda Alessio, il preparatore atletico Bertelli e l’addetto al recupero infortunati Coratti.
«Grande lavoratore»
La parola d’ordine londinese è la stessa di Bari, Siena, Juve e Nazionale: «lavoro» in italiano, «work» in inglese. Probabilmente il termine più utilizzato nella conferenza stampa d’iniziazione: «Sono un grande lavoratore e l’unica strada che conosco per ottenere risultati è proprio il lavoro. Cercherò di trasferire alla squadra la mia passione e la mia metodologia. Penso, in fondo, che il Chelsea mi abbia scelto per questo». Invece Conte, firmando un contratto triennale da almeno 7 milioni a stagione, ha scelto il Chelsea «dopo la qualificazione agli Europei per tornare a respirare l’erba del campo tutti i giorni». E forse anche per una questione di vanità. «Scrivono che assomiglio a Mourinho? Nessun allenatore è uguale a un altro. Ma ho una certezza: i vincenti hanno sempre qualcosa di speciale».