La Stampa, 15 luglio 2016
Interessi al 5 per cento per contrastare l’usura. Succedeva al Monte dei Paschi, quando Ezra Pound elogiava l’economia reale dei senesi
Oggi il Monte dei Paschi naviga in un mare di guai. Ma fino a pochi decenni fa era additato come un fiore all’occhiello tra le banche italiane, tanto che persino Ezra Pound, poeta americano ossessionato dall’economia, ne elogiò la saggezza nei suoi celebri Cantos. Sembra che il poeta si sia innamorato del Monte nel periodo della grande depressione, quando bazzicava la Biblioteca dell’Accademia Chigiana senese e s’imbatté nei documenti pubblicati per celebrare il terzo centenario (1625-1925) di una delle banche più nobili e più antiche del mondo. In questo istituto, sorto sulla base degli insegnamenti francescani dei Monti di Pietà, per contrastare l’usura si stabilì nei suoi statuti che gli interessi sui prestiti non potessero superare il 5%. Pound, entusiasta, annotava che «la base era il frutto della natura e la volontà dell’intero popolo».
Niente maneggi di alta finanza, ma solido ancoraggio all’economia reale dei senesi. Il poeta riprende gli statuti del Monte e li riporta nel suo Canto 42, scritto in Italia negli anni Trenta, in piena era mussoliniana: «che il denaro si dia/ a chi sia per impiegarlo più utilmente / a prò delle case loro, o a benefitio / de’ negotii di campo, come ancora di lana, di seta». E poi «che i sopravanzi… si devino ogni cinque anni.. /distribuire dal Collegio di Balìa… / ai lavoratori del Contado”. Niente lauti stipendi ai dirigenti, ma distribuzione delle ricchezze al popolo. Insomma «un Monte per il bene futuro della città /Giusto mezzo a degno fine» (Canto 43).
Ecco quindi la «banca, ottima, in Siena». Al modello positivo del Monte, il poeta contrappone la fonte di tutti i mali, quella Banca d’Inghilterra che «trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla» (Canto 46). I giochi della City per Pound s’identificano con l’usura, simbolo di sterilità, mentre l’istituto senese si fonda sulla natura, sulla fertilità. Nella storiografia poundiana si fronteggiano due grandi protagonisti: il grano e l’oro. «Il metallo dura, ma non si riproduce», scrive il poeta, «seminando oro non si raccoglie oro moltiplicato». L’oro infatti «non germoglia come il grano». Ed è un vero peccato che il Monte dei Paschi si sia allontanato dalle sue origini.