la Repubblica, 15 luglio 2016
Cose mai viste al Tour: la maglia gialla che corre a piedi
CHALET REYNARD
Accorciato d’autorità, il Ventoux si vendica seminando non solo vento, ma scene ridicole, o drammatiche, mai viste prima in un finale di tappa al Tour. I francesi (gli organizzatori) s’incazzano, ma Froome di più. E chi ama un certo ciclismo, pure. Perché, sportivamente, la sentenza della strada e la classifica che ne deriva sono ingiuste. Ingiuste anche nei confronti di Thomas De Gendt, di cui si parlerà pochissimo, ma ha vinto bene, in volata su Pauwels. Fino al nono posto trovate i fuggitivi del mattino, erano 13, hanno attaccato il Ventoux con 10’ di vantaggio. Già vedere in fuga Greipel sul Ventoux era uno spettacolo surreale, ma può succedere. Le vittorie in salita con fughe da lontano sembrano una specialità di De Gendt, che al Giro aveva vinto la tappa dello Stelvio con una iniziata sul Mortirolo. I ciclisti belgi mangiano pane e vento, per loro era una scampagnata. Il tempo di scrivere queste righe e l’incazzatura emigra da Froome alla Movistar, la squadra di Quintana e Valverde. Le tappe al Tour certe volte non finiscono mai. Anche questa: nell’ultimo km è successo di tutto ma alla fine un’interpretazione della giuria ispirata più dalla sportività che dal regolamento nudo e crudo rimette le cose a posto, per modo di dire.
Andiamo in diretta poco oltre la fiamma rossa. Dopo un tentativo, uno e poco convinto, di Quintana, Froome prende l’iniziativa e fa un vuotino, non un vuotone. Con lui Porte e Mollema. Gli altri, incluso Aru che ha avuto noie meccaniche, remano a una ventina di secondi. La moto della tv che sta davanti al trio di Froome improvvisamente si blocca. Il pubblico non lascia uno spazio per passare. Molti dei coraggiosi che avevano passato la notte in cima al Ventoux (temperatura sotto lo zero, raffiche a 140 orari) sono scesi a piedi verso Chalet Reynard, per vedere la corsa. C’è troppa gente e troppo indisciplinata. Contro la moto vanno a sbattere nell’ordine Porte, Froome e Mollema, che riparte quasi subito. Un’altra moto fracassa la bici di Froome, che è preso dal panico. Stava cercando altri secondi per vincere il Tour e si rende conto che lo sta perdendo. Comincia a correre reggendo la bici, poi la molla, corre e continua a voltarsi, ma la sua ammiraglia è bloccata. Riceve una bici dal servizio assistenza, non tagliata sulle sue misure. Pedala sghembo, lo passano Yates, Aru, Meintjes, Bardet, Rodriguez, Valverde, Quintana, Van Garderen, Porte, Dan Martin, Reichenbach, Barguil e Moreno. Viene distribuita una classifica provvisoria che vede in maglia gialla Yates (quello cui era franato addosso l’arco di plastica dell’ultimo km), Froome è sesto a 53”. Questo affollamento fa capire che quasi tutti hanno aspettato gli ultimi due km per tentare qualcosa. Il vento s’è fatto sentire: molte cadute. In una, nella discesa di Gordes, sbaglia la curva Stannard e trascina a terra altri Sky (Poels, Rowe). A Gordes, se interessa, ha aperto un locale Pierre Gagnaire, che dal ‘93 ha tre stelle a Parigi. Consiglio più economico: se siete in questo pezzo di Francia, comprate ciliegie e albicocche. Hanno un sapore che in Italia s’è perso e se ci penso mi incazzo anch’io. Perché a Milano le albicocche non sanno di nulla, o a volte di patata?
La neutralizzazione in caso di caduta non è prevista negli arrivi in salita, quindi la giuria s’è aggrappata allo stato della strada, alle condizioni d’emergenza: arrivo spostato, transennati solo gli ultimi 200 metri e non l’ultimo chilometro. Il vento faceva volare le transenne, dicono gli organizzatori. Froome ringrazia la giuria: «Penso che sia una decisione corretta. Perché mi sono messo a correre? Per un ragionamento istintivo: se non ho la bici, devo andare a piedi. Dave Brailsford ci ha scherzato sopra, dicendo che mi sto preparando alla maratona di Parigi. In quella confusione era difficile restare lucidi». Il giovane Yates si tiene la maglia bianca: «E mi va bene così, a nessuno piacerebbe conquistare la maglia gialla in questa maniera». In casa Movistar la vedono diversamente: «Buona giornata per noi», commentava Valverde. Correggendosi poi a classifica corretta: «Per quello che so, è stato un incidente come ne capitano tanti nel ciclismo. Sfortunato Froome, ma non capisco perché gli hanno accreditato un altro tempo». Cioè quello di Mollema, al momento dell’impatto con la moto. Anche questo è arbitrario, nessuno può sapere se Froome, Porta e Mollema avrebbero guadagnato qualcosa di più (probabile) o di meno.
Resta da dire, purtroppo, che le salite richiamano un numero esagerato di imbecilli che vogliono solo farsi vedere. L’imbecille invade la strada, si veste da diavolo o da Asterix, c’è anche la variante del nudo integrale, agita bandiere, mima il torero, corre accanto ai corridori. L’imbecille non sa e non vuole stare al suo posto, convinto che il suo posto sia ovunque. Scrivevo le stesse cose quando Chiappucci vinceva al Sestriere, Pantani all’Alpe d’Huez. La situazione è via via peggiorata.
Per tornare alla corsa, Movistar e altre squadre ritengono di aver subito un torto, o che a Froome sia stato fatto un favore. Alla faccia del Ventoux, del 14 luglio, l’immagine che rimarrà è quella del cavaliere dalla triste figura che zampetta come un fenicottero. Harold Lloyd, o giù di lì. I nostri: Nibali ha beccato 25’, Aru s’è difeso bene. Oggi crono tosta, più per Froome che per gli altri favoriti.