Il Messaggero, 15 luglio 2016
Breve storia della camicia
Secondo Matilde Serao, il gentiluomo in viaggio doveva avere con sè: camicie bianche, di colore, bianche non inamidate, di colore non inamidate, di seta e camicie da notte. In realtà la camicia ci ha messo molto a spuntare. Per molto tempo, nell’800, si sono viste solo le punte del colletto. Fino agli anni Venti polsini e colletto erano staccati dalla camicia e le conferivano quell’aria pulita che spesso era solo apparente. La separazione tra i due elementi della camicia è all’origine dell’usanza, rimasta ancora negli Usa, di portare colletto e polsini bianchi con una camicia a righe o azzurra.
Dopo la prima guerra mondiale, mentre Gozzano rimava «Tu non fai versi. Tagli le camicie per tuo padre... E non mediti Nietzsche», il colletto alto e inamidato, il solino, era diventato un segno di distinzione démodé coltivato soltanto, per gusto del paradosso, da avanguardisti come Tristan Tzara. Il guardaroba del Grande Gatsby era un inno alla varietà: «Camicie di lino semplice, di seta spessa, di flanella leggera, che perdevano le pieghe cadendo, e coprivano la tavola in un disordine multicolore, camicie a righe, a disegni e a scacchi color corallo e verde mela e lavanda e arancione chiaro, con i monogrammi indaco».
Invece i futuristi Balla e Depero in testa avevano tentato di strappare la camicia alla schiavitù del bianco per inondarla di colori. Majakovskji ne inalberava di un provocatorio giallo canarino. Modigliani portava camicie blu a quadri. Picasso usava, sotto la tuta da operaio, camicie di cotonina rossa a pois bianchi. Solo Renoir non vedeva alternative al lino bianco. Drieu La Rochelle prediligeva le camicie di Charvet, specie quelle di batista e le portava persino sotto la divisa, al fronte. Georges Simenon, Graham Greene e Saint-John Perse le preferivano di seta avorio, mentre Romain Gary si spingeva fino al viola. L’iconoclasta Marcel Duchamp si limitava alle righine rosa e verdi. Lo schivo Paul Morand era stato visto in giallo limone. I surrealisti Breton e Eluard gradivano le camicie scure. Per loro, come per Orwell, le camicie scure come quelle tristemente note nere e brune erano l’emblema dei lavoratori che dovevano sporcarsi. Del resto anche Malaparte, negli anni Cinquanta, amava abbinarle a cravatte più chiare e a Capri si arrischiava al rosso fuoco.
Dalì era stato stregato, durante una visita di Elvis Presley, dalla sua camicia country ricamata con i bottoni d’avorio. Prima di andarsene, il cantante aveva chiesto: «Le piace la mia camicia?». «Sì, molto». Allora Elvis se l’era silenziosamente sfilata e si era allontanato a torso nudo. «Da allora, commentava Dalì, uso solo quella per dipingere».
Il padre di Lolita, l’elegantissimo Vladimir Nabokov, aveva camicie rosa salmone, Ernest Hemingway pesanti camicie in tessuto jeans, sportivamente sbottonate. Malgrado tutto l’uomo elegante non poteva mai mostrarsi semplicemente in camicia, anche se Montherlant sosteneva che fino al 31 agosto non era scandaloso. L’iconoclasta Jean Genet teneva la camicia stropicciata, slacciata fino al terzo bottone, le maniche malamente arrotolate molto sopra il gomito.
La camicia azzurra si era affermata negli anni 60, dopo un lungo testa a testa con la camicia bianca. Intanto nell’epoca Kennedy i colletti si erano ristretti e ammorbiditi per poi arrotondarsi le punte con i Beatles, diventare oscenamente immensi e infine farsi bloccare dai bottoncini dei Brooks Brothers, amati da Fitzgerald. Incurante delle mode, Dino Buzzati portava candide camicie dal colletto chiuso da una spilla.
Dopo essere uscita dai pantaloni in estate, la camicia ora, data l’eclissi della cravatta, è diventata protagonista. Ma portarla bene è difficile: non deve essere né troppo né troppo poco inamidata, se non si punta all’effetto bohémien come Bernard-Henri-Lévy. D’Annunzio in crociera si lamentava ossessivamente di non avere camicie ben stirate. Per averla perfettamente tesa, Cocteau usava un trucco invisibile: una fettuccia che univa strettamente il lembo anteriore a quello posteriore. Ma solo poeti come Wynstan Auden o Valentino Zeichen sapevano portare camicie elegantemente stazzonate. Perché, come diceva Goethe, «in ogni camicia c’è un uomo».