Libero, 14 luglio 2016
Binario unico non vuol dire incidenti
Ovviamente, il binario unico è finito subito sul banco degli imputati. Intuitivamente, se due treni devono fare a turno per passare in due direzioni opposte tra le stesse due rotaie, sembrerebbe ovvio dedurne che le occasioni di incidente aumentano. Molti giornali hanno dunque ricordato che su 16.673 km di linea gestita dalla Rete Ferroviaria Italiana, le linee a doppio binario rappresentano solo il 45% del totale. Ancora meno al Sud: un 30% che, sempre intuitivamente, viene spontaneo collegare alla più generale arretratezza del Meridione.
Però anche al Nord il binario unico è maggioranza: anche in una linea strategica e particolarmente frequentata come la Genova-Ventimiglia. Sono quasi 9.200 km di binario unico, che oltrepassano i 15.000 se si aggiungono 6.000 dei 6.500 km di linee delle società private in concessione. Come appunto quella della Corato-Andria.
Anche in Francia, che per l’esperienza della Tav è uno dei Paesi all’avanguardia ferroviaria mondiale, hanno un chilometraggio a binario unico quasi eguale, anche se in costante diminuzione. Le statistiche disponibili indicano 13.765 km nel 2010; 13.433 nel 2011; 13.189 nel 2012; 12.679 nel 2013; 12.412 nel 2014. In Germania, preteso regno della sicurezza e della precisione, era a binario unico la linea su cui lo scorso 9 febbraio in Baviera due treni finirono l’uno addosso all’altro all’altezza di Bad Aibling, sulla linea tra Rosenheim e Holzkirchen, una sessantina di chilometri a sud-est di Monaco. Ovviamente, la cifra dei chilometri in sé significa poco, se non è vista in relazione alla superficie e alla popolazione di un Paese. Ma una statistica europea che appunto considera il binario doppio elettrificato pro capite suggerisce che l’Italia, pur a un bassissimo 22° posto su 26, sta comunque meglio del Regno Unito, dove le ferrovie sono state inventate, e anche dell’Olanda: 28,1 Km per 100.000 abitanti di cui 12,5 a binario doppio elettrificato. La Francia sta a 46,7, di cui solo 20,7 a doppio binario elettrificato; la Germania a 51,5, di cui 19,3 a binario doppio elettrificato.
Vi risparmiamo l’intera statistica, perché già questi dati riferiti ai più grandi Paesi d’Europa indicano due cose essenziali. Primo: dappertutto ci sono più linee a binario unico che linee a doppio binario. Secondo: quando un Paese vuole investire nel trasporto ferroviario non spende tanto i soldi nel raddoppiare le linee esistenti, quanto piuttosto nell’estendere dappertutto quelle linee a binario unico che essendo più economiche si adattano meglio alle piccole realtà locali. Se vediamo la Svezia, che sta al top della classifica ferroviaria pro capite, da più della metà dei Paesi Bassi, meno della metà di Francia e Italia e più o meno un terzo di Regno Unito e Germania le linee a doppio binario elettrificato diventano appena un quinto o meno: 20 km su 117 per 100.000 abitanti. E in Finlandia, al secondo posto, scendono addirittura a un decimo: 10,8 km su 109,8.
Dunque, il binario unico non è affatto indice di arretratezza e pericolo. Tutti gli esperti che stanno venendo intervistati in questo momento spiegano infatti che da una parte anche su un doppio binario può esservi un grave incidente, se non ci sono sistemi di controllo efficienti.
Dall’altra, che se ci sono soldi da investire in sicurezza, sarebbe molto più razionale ed efficiente spenderli in tecnologie di controllo sempre più sofisticate, piuttosto che in nuovi binari.