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 2016  luglio 14 Giovedì calendario

E allora chiudetele, le ferrovie locali

Nella posta del Venerdì ne ho pubblicate a bizzeffe, per anni, di lamentele dei pendolari; e tutte le volte ho ricevuto, da dirigenti ed esperti a vario titolo, ragionevoli spiegazioni comunque imperniate sulla non sostenibilità economica dei trasporti locali. Il paradigma è che ciò che non conviene economicamente, semplicemente non è. Ma allora qualcuno ne prenda atto e le chiuda, le ferrovie locali italiane. Le dichiari inagibili, rottami i treni prima che sia una catastrofe a farlo, smonti i binari e ci faccia un Museo permanente dell’Impotenza Sociale e abbia il coraggio di dire: andate in macchina, a piedi, a cavallo, perché trasportarvi con i treni non conviene più a nessuno, non ai privati, che ragionano da privati, e non al pubblico, che grazie al famoso Pensiero Unico ragiona da privato anche lui. Poi riprenda fiato e aggiunga che anche la sanità pubblica non è che sia tanto sostenibile; la scuola, accidenti, costa tantissimo e ha i bilanci in rosso; un sacco di cose non sono più sostenibili, e un sacco di capitani d’azienda, manager, teste d’uovo, quadratori di conti non hanno la voglia né il tempo di fare ragionamenti troppo complicati. Rende? Lavoriamoci. Non rende? Lasciamolo andare a remengo. È il criterio facile facile, papale papale che regge le nostre società. Che poi – nei fatti – non le regga più, perché i costi dell’abbandono (pensate al dissesto idrogeologico) sono molto superiori ai costi della manutenzione e dell’ammodernamento, è una cosa della quale ci accorgiamo solo quando si chiudono le bare.