14 luglio 2016
Sono 23 le vittime dell’incidente tra treni • È morto Bernardo Provenzano • Si è insediata Theresa May, nuovo premier britannico • L’imperatore giapponese vorrebbe dimettersi • Il parrucchiere di Hollande guadagna quasi diecimila euro al mese
Treni Sono 23 le vittime accertate dello scontro di martedì tra due treni sulla tratta Corato-Andria in Puglia. Intanto gli inquirenti sono giunti alla prima conclusione che il treno che era ad Andria doveva aspettare e dare la precedenza a quello proveniente da Corato. All’origine del disastro c’è un’errata comunicazione. Gli indagati sono tre. Innanzitutto il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, che avrebbe innescato il cortocircuito di informazioni che è poi culminato nell’impatto. Poi il suo collega di Corato, in ogni caso coinvolto nell’errato scambio di messaggi. Infine un terzo dipendente della società Ferrotramviaria, responsabile movimento della stazione di Andria. Ma sono solo i primi, in Procura dicono: «Non intendiamo fermarci qui». Nel frattempo si attende il miglioramento delle condizioni dell’unico capotreno superstite per fare piena luce sulla vicenda. Il nodo decisivo sembra essere nelle errate comunicazioni. Tutto sarebbe nato dalla presenza sulla medesima tratta ferroviaria, a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, di due treni in ritardo (Cds). [Sull’argomento leggi anche il Fatto del Giorno]
Provenzano/1 È morto il boss della mafia Bernardo Provenzano, 83 anni. Colpito da un grave decadimento cognitivo, era ricoverato da 27 mesi nel reparto detenuti dell’ospedale San Paolo di Milano. Arrestato nell’aprile 2006 dopo una latitanza durata 43 anni, aveva ricevuto condanne a 20 ergastoli, compresi quelli per la strage di Capaci e via D’amelio. Bianconi sul Cds: «Sempre nell’ombra, anche in occasione di avvenimenti drammatici e rumorosi, come le bombe e i delitti “eccellenti”. Il primo, al quale prese parte di persona, fu la cosiddetta «strage di viale Lazio» a Palermo, consumata il 10 dicembre 1969 (antivigilia dell’eccidio di piazza Fontana) per togliere di mezzo Michele Cavataio, il “tragediatore” che a forza di doppi giochi aveva scatenato una guerra tra cosche. In quell’occasione i cadaveri furono quattro, più qualche ferito tra i quali lo stesso Provenzano. Fra i tanti ergastoli accumulati, quello per l’uccisione di Cavataio è l’unico che lo vede nel ruolo di esecutore materiale. Tutti gli altri li ha avuti come mandante. (…) Omicidi e stragi deliberati dal “trattore” (chiamato così perché travolgeva tutto quello che gli capitava sotto le ruote) che poi si trasformò in “ragioniere” quando cominciò a usare la testa prima delle armi. Senza però tirarsi indietro se c’era da fare la guerra. Fino alle stragi del ’92 e del ’93, passando per un altro cadavere eccellente: quello dell’eurodeputato democristiano Salvo Lima».
Provenzano/2 Bolzoni su Rep: «Dicono che dopo mezzo secolo sia stato lui, Bernardo Provenzano, a tradire Totò. A venderlo. Dicono che non avrebbe potuto fare altrimenti dopo quell’estate del 1992: Capaci e Falcone, la strage Borsellino, qualche mese prima l’uccisione del politico più invischiato con loro, Salvo Lima. Una parola o forse mezza parola. O appena un gesto. E il 15 gennaio del 1993 è finita la latitanza di Totò Riina. Tredici anni dopo è toccata allo “zio” Bernardo. Il giorno era il 16, il mese aprile. L’hanno catturato in un casolare a Montagna dei Cavalli, a meno di un chilometro in linea d’aria dalla sua casa giù in paese, a Corleone. Era chino su un’Olivetti lettera 32 a scrivere uno dei suoi celebri pizzini, bigliettini che per raggiungere Bagheria o Villabate ci mettevano anche sei o sette mesi, portati da fidati emissari che per prudenza facevano il giro dell’oca e di mezza Sicilia prima di recapitarli agli amici. Il “ministero delle Poste” di Bernardo Provenzano. “La verità che l’amico mio è troppo scrittore”, fece sapere un giorno Riina lanciandogli una frecciata al veleno per quella sua mania dei “pizzini”. Montagna dei Cavalli, un po’ covo e un po’ santuario. Maglioni di cachemire e tre cappellini con visiera (su uno la scritta Clan Bassotti), 19 paia di mutande boxer di vari colori e una panciera elasticizzata, una scatola di baci Perugina, un dopobarba Armani, un portacipria con piumino, aghi e siringhe, quadri di Cristi e di Madonne, un santino di Maria del Santuario di Tagliavia, un altro raffigurante Bernardo da Corleone Cappuccino (e altri 83 con la scritta : “Gesù io confido in Te”), una cassetta con registrate le canzoni dei Puffi. L’inventario delle cose sequestrate al grande boss. Era lì Provenzano, imbambolato nella miseria della sua tana, quando il commissario capo Renato Cortese ha spalancato la porta e si è ritrovato faccia a faccia con il “fantasma”. Nessuno l’aveva più ufficialmente visto dal settembre del 1963».
Provenzano/3 Di Provenzano scrissero i servizi segreti: «È aggressivo, arrogante, vendicativo, testardo, suggestionabile, rude, prudente e rigido nei rapporti interpersonali, non molto intelligente, meticoloso, leale con gli amici, grossolano nelle interpretazioni». Il boss Giuseppe Di Cristina: «Spara come un dio ma ha il cervello di una gallina» (Bolzoni, Rep).
Saveria Mentre era latitante si fidanzò con Saveria. Andava sempre a trovarla a Cinisi. In clandestinità si sono sposati: rito religioso celebrato da preti compiacenti, matrimonio non registrato, situazione regolarizzata dopo la sua cattura. Una volta preso, gli venne chiesto se fosse coniugato e lui rispose: «Col cuore sì, per la legge no. Ma presto regolarizzerò questa situazione». E così fu: la «messa a posto» avvenne in carcere. Due figli: Angelo e Francesco (La Licata, Sta).
Ciancimino «A differenza di Riina (che non vantava grandi amici), Provenzano un buon protettore, e addirittura complice, lo aveva. Era Vito Ciancimino, democristiano, sindaco e assessore al Comune di Palermo. Erano amici d’infanzia, i due. Racconterà poi Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso, che Binnu aveva una vera e propria adorazione per Vito. Si erano conosciuti da piccoli, a Corleone, quando Provenzano (terzo di sette figli) pativa la fame e Vito non gli negava biscotti e una tazza di latte. Da grandi erano rimasti amici: Binnu gli dava del lei e lo chiamava «ingegnere» anche se era soltanto geometra, l’altro gli dava del tu, imponeva la via politica e garantiva l’arricchimento dell’intera consorteria mafiosa attraverso i soldi pubblici» (ibidem).
May Ieri l’insediamento del nuovo premier inglese, Theresa May. Prima l’inchino alla regina Elisabetta II che l’aveva invitata a formare il nuovo governo, poi l’annuncio che che lavorerà per l’unità, «non per gli interessi di pochi privilegiati, ma per quelli di tutti», combatterà le ingiustizie sociali e assicura che la sfida dell’uscita dall’Ue darà «un nuovo ruolo positivo» alla Gran Bretagna. Quindi Philip Hammond dagli Esteri è andato al Tesoro. Agli Esteri va l’ex sindaco di Londra Boris Johnson, Amber Rudd va a sostituire la May agli Interni. Liam Fox ottiene il Commercio internazionale, Michael Fallon viene confermato alla Difesa e David Davis, guiderà il neonato ministero alla Brexit (Guastella, Cds).
Imperatore L’Agenzia della Casa Imperiale giapponese ha solo comunicato che «tra qualche anno» l’imperatore Akihito andrà in pensione, cioè abdicherà. Ha 82 anni e problemi di salute, solo che le dimissioni non sono previste dalle tradizioni e dunque bisognerà trovare il modo. Akihito, figlio di Hirohito, fu il primo a sposare una donna che non appartiene alla nobiltà di corte, dopo un fidanzamento che fu definito «una fiaba sui campi da tennis». È il secondo a rinunciare alla natura divina del proprio ruolo. Nel 1992 divenne il primo monarca del Giappone a viaggiare in Cina e nel 2011, dopo la catastrofe nucleare di Fukushima, fece una storica apparizione in tv e visitò un centro per sfollati (Pizzati, Sta).
Capelli Il parrucchiere di François Hollande, per il suo lavoro di pettinatura, lavaggio, taglio e storatura dei capelli presidenziali, guadagna 9.895 euro lordi, più alcune altre indennità, contributi e prebende familiari, che in cinque anni significano più o meno 700 mila euro (sempre lordi) (Vulpio, Cds).
(a cura di Daria Egidi)