14 luglio 2016
«A Bielsa ho detto: “Tu sei loco ma io sono più matto di te”». Lo show di Lotito alla buvette del Senato
Goffredo De Marchis per la Repubblica
«Lui vive nella pampa sconfinata, qui invece ce stanno le norme, ce stanno i regolamenti». Alla buvette del Senato Claudio Lotito racconta finalmente la sua verità sulla rottura con Marcelo Bielsa, il mitologico allenatore argentino che doveva allenare la Lazio e l’ha mollata sul più bello, il giorno del ritiro. Alla fine si capisce che la pampa e Formello erano due mondi davvero troppo lontani, non solo sull’atlante. «Ho sbagliato – confessa Lotito –. Me dicevano: fai sognare i tifosi, porta un po’ di entusiasmo. Ma Lotito non vende sogni, vende solide realtà come dice quello. Inzaghi era la prima scelta, ho provato con Bielsa pe fa’ contenti i tifosi».
Adesso il presidente biancoceleste immagina cause milionarie, annuncia «er cetriolo» per il tecnico argentino mimandolo con il pugno all’altezza delle natiche, tira fuori le mail che inchioderanno Bielsa nelle aule di giustizia. Dalla tasca spunta un rotolo di fogli tenuti a doppio giro con l’elastico. «Ecco qua. Questa è la lettera sua, mi provoca, cerca l’incidente. Questa è la mia risposta dettata da Parigi. Non cado nella provocazione. Parlo della differenza di carattere, gli comunico che lo aspetto in sede con grande entusiasmo altrimenti la Lazio ne avrà dei danni incalcolabili. C’ho tutto per anna’ fino in fondo in tribunale». Il senatore verdiniano Ciro Falanga, avvocato, si propone: «Se mi dai 50 mila euro, la causa te la seguo io». Lo sguardo di Lotito è tutto un programma. Come dire: posso trovare di meglio.
Il presidente mangia un’albicocca, tre pizzette, una fetta di ciambellone. Mentre beve un tè freddo e una spremuta, divora una ciotola di salatini. Intanto risponde a tre cellulari, nessuno è uno smartphone perché la sua giornata è tutta nel pacchetto di carte tenuto con l’elastico. «Lui è soprannominato El Loco, ma io so’ ancora più matto. Me so’ fatto incanta’. Volevo fa’ er fanciullino der Pascoli, il sognatore. Ma adesso me trasformo in Machiavelli». Nel contratto aveva accettato l’inaccettabile per uno che è soprannominato dalla Curva Nord “Lotirchio”. «Non dico la cifra (2,8 milioni di euro l’anno ndr), ma poi c’erano altre mille clausole. I soldi li voleva in dollari, le variazioni sul cambio a carico mio. Va be’. Se cambia l’imposizione fiscale in Italia, la differenza la metto io. Ok. Biglietti aerei per l’Argentina in prima classe per cinque persone, lui e il suo staff. Cinque telefonini. “Claudio, io parlo 2-3 ore al giorno con l’Argentina”. Bolletta illimitata. Accetto. Hotel a cinque stelle, sempre. Gli dico: “Marcelo, quando sei venuto a Roma ti ho messo in un albergo mio. Era 4 stelle superior. Sei stato male?”. Lui me fa: “Benissimo”. “Allora che ce devi fa’ co ste 5 stelle, che sei grillino?”. S’impunta: 5 stelle. E va be’». Adesso il capannello alla buvette è cresciuto. «Poi, c’è la storia delle sagome, quelle per simulare la barriera. Bielsa dice che vuole le sagome tedesche. Ma perché, quelle italiane che c’hanno? So’ uguali, so’ pezzi di plastica. No, tedesche. Le ordino, costano tre volte quelle italiane. El Loco ce tiene ai valori. Lo so io quali valori...», dice strofinando indice e pollice.
Eppure qualcosa era scattato, un feeling embrionale. «Viene a cena a villa San Sebastiano. Dodici anni di presidenza, mia moglie non ha mai aperto bocca sul calcio. Stavolta fa: “Simpatico”. Dall’Argentina telefonava a mio figlio, che ha 19 anni: “Come sta Claudio?”. Penso io: è una brava persona. Macché era solo speculativo, nel senso che voleva specula’. Sui soldi». L’amore a distanza non è durato. Il contratto è stato depositato, ora è solo un problema di norme e regolamenti. Lotito ha visto il video di Totti che nel ritiro di Pinzolo risponde con un sorrisetto a un tifoso che gli suggerisce una battuta su Bielsa. «C’ha poco da ridere. La Roma non ha né la società né i soldi e lo vedrete». Qualcuno gli ha messo i bastoni tra le ruote. Il direttore sportivo giallorosso Walter Sabatini è amico di Bielsa. «Appunto. Lo ha chiamato per non farlo venire. Lotito è inaffidabile, gli ha detto. Lo stesso ha fatto Veron, per esempio». Si capisce che gli dispiace. Che anche lui voleva sognare, per una volta. Ma la pampa e Formello sono due mondi troppo lontani.
Marco Conti per Il Messaggero
«Ti chiamano il loco, ma io sono più matto di te». «Tu sei abituato alla pampa sconfinata ma qui siamo in Italia e ci sono le leggi da rispettare». Sei del pomeriggio. Alla buvette del Senato Claudio Lotito, dopo aver ingurgitato tre fette di ciambellone e parlato contemporaneamente con due telefonini schiacciati alle orecchie, racconta ad un gruppetto trasversale di senatori (Falanga, Matteoli, Gotor) la sua verità sull’affare Marcelo Bielsa.
«Ho sbagliato, ho fatto prevalere il Pascoli che è in me e invece son dovuto tornare Machiavelli». «Certo che gli ho fatto causa», aggiunge il presidente della Lazio che agli sfottò dei romanisti e ai sorrisetti di Totti per come è finita la storia dell’ingaggio del tecnico argentino, replica così: «La Roma non ha né la società né i soldi, vedremo chi ride per ultimo». «Sabatini (direttore sportivo della Roma ndr) è uno di quelli che ha chiamato Bielsa per dirgli di non venire, ma che vieni a fa, quello non ti compra nessuno». «E pure Veron».
Poi torna a raccontare la trattativa con Bielsa. «Ho parlato con lui due volte. Una di persona e una al telefono. In italiano, certo. Capiva, capiva! Quello che non voleva capire diceva non intiendo, ma capiva tutto». «Chiamava mio figlio, mia moglie e pensate che pure a lei aveva fatto una buona impressione. Invece era tutto speculativo».
Sull’ingaggio si trattiene solo in parte: «Non posso dire quanti soldi ci sono sul contratto, ma aveva voluto biglietti aerei in prima per lui e per cinque suoi collaboratori. Sei auto, sei telefonini con bolletta pagata. Sa, il mister parla due-tre ore al giorno con l’Argentina». «Poi alberghi solo a cinque stelle. Gli ho detto, ma scusa sei stato in uno dei miei alberghi che è quattro stelle-superior, non va bene? Sì però, cinque stelle». «Mi ha fatto ricomprare le sagome per gli allenamenti perché ha voluto quelle tedesche. Boh! Comprate pure quelle». «Poi ha cominciato a dire che dovevo spendere trenta milioni per un difensore, cinquanta per un altro. Ho detto, dammi i nomi poi ai soldi ci penso io. Che cavolo vuol dire quanto devo spendere? E se me li regalano?». «Il cinque luglio mi scrive che non se ne fa nulla perché non ho comprato i giocatori. Ma il mercato si è aperto il primo luglio. E chessò mandrake?».
Dalla tasca della giacca tira fuori un mucchietto di fogli. «Questa è la mail che gli ho mandato quando ho capito che stava giocando». La legge per intero anche se parte è a macchina e parte vergata a penna. «Gli ho scritto perché non volevo litigare ma dirgli che se non fosse arrivato a Roma avrebbe compromesso la preparazione della squadra». «Tutto questo mentre ero a Parigi con la Nazionale». I tifosi protestano? «Ma io sono limpido come acqua di fonte», «non vendo sogni ma solide certezze, come dice quello...».