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 2016  luglio 14 Giovedì calendario

Tassotti saluta il Milan con un rimpianto: «Volevo una possibilità»

Mauro Tassotti, prossimo viceallenatore dell’Ucraina: che effetto fa recidere il cordone ombelicale con il Milan dopo 37 anni?
«Confesso che quando ho firmato la risoluzione del contratto ho provato un po’ di magone. Ma prima o poi questo momento doveva arrivare».
Le stava stretto il ruolo di osservatore?
«Diciamo che ero alla ricerca di un ruolo più gratificante».
Ed è arrivata la chiamata di Shevchenko, prossimo c.t. del suo Paese, l’Ucraina.
«Da Andriy mi sono sentito stimato. Ecco perché oggi partirò per Kiev anche se, al momento, non ho ancora firmato nulla con la Federazione ucraina: domani è in programma una riunione operativa e se andrà tutto bene sarà ufficiale il mio nuovo incarico. Certo lavorare per una Nazionale che cerca di qualificarsi ai prossimi Mondiali è stimolante».
Ha qualche rammarico per non essere stato mai considerato dal Milan come guida tecnica per la prima squadra?
«Qualche rimpianto c’è, perché di occasioni ce ne sono state tante e non mi è mai stata concessa l’opportunità. Evidentemente mi hanno sempre considerato un ottimo secondo».
Si è pentito di non aver seguito Allegri alla Juve?
«Quando Max è stato esonerato era senza squadra e io ho preferito restare alle dipendenze del Milan nello staff di Seedorf. Per Allegri forse è stato meglio così: già non è stato accolto benissimo a Torino, se lo avessi accompagnato io non so quale sarebbe stata la reazione dei tifosi».
La convivenza con Clarence è stata il momento più turbolento della sua avventura milanista?
«Ci sono state incomprensioni. Non sempre mi sono trovato a mio agio».
L’avvento dei cinesi al timone del Milan ha inciso nella sua decisione?
«Non ci ho pensato. E se anche dovessero entrare nuovi proprietari non so se sarebbero favorevoli alla presenza in società di leggende del passato».
Dopo la sua partenza, se si eccettua Baresi che non ha ruoli operativi e Filippo Galli, responsabile del settore giovanile, nessun grande ex è in società a trasmettere il Dna del club. Perché?
«Tante volte io e i miei ex compagni ce lo siamo chiesti. Non so se è questione di capacità, perché Boban ad esempio ha un ruolo importante alla Fifa… Spesso si dice che non basta essere stati grandi campioni per avere i titoli per ricoprire ruoli da dirigenti. Può essere vero, però se a nessuno viene concessa l’opportunità di lavorare, non si può dimostrare il contrario. Io potrei anche aver voluto allenare il Milan, ma senza chance è dura confermare di avere le qualità per farlo. Comunque non voglio parlare di me: penso sia assurdo che Paolo Maldini, che ha un’immagine splendida in tutto il mondo, non abbia una posizione in società».
Montella è l’allenatore giusto per una squadra reduce da cinque cambi in panchina in due anni e mezzo?
«Può essere la scelta ideale ma nessun tecnico può ottenere risultati se in società le cose non funzionano a dovere».