ItaliaOggi, 13 luglio 2016
Cosa sarà del Partito Radicale dopo Pannella? A settembre il congresso
Oltre Marco Pannella. Non che la sua eredità politica sia misconosciuta ma certamente il partito radicale, che lui aveva plasmato a sua immagine, cambia pelle. In che modo lo si vedrà.
Un assaggio s’era avuto con l’elezione (a maggioranza) di Riccardo Magi alla segreteria dei Radicali italiani e la conseguente discesa in campo nelle elezioni di giugno (Magi a Roma con Roberto Giachetti, Marco Cappato a Milano con Beppe Sala).
Adesso si terrà il congresso del Partito radicale transnazionale, a Roma, nel carcere di Rebibbia, dall’1 al 3 settembre. O almeno così pare. Infatti non solo si preannuncia un congresso assai animato ma anche la sua convocazione è piuttosto tormentata.
Un’associazione appena nata, Pennabianca (era uno dei soprannomi di Pannella) ha raccolto le firme per l’autoconvocazione del congresso, a termini di statuto. Il drappello è guidato dal tesoriere del Partito radicale, Maurizio Turco, ex-deputato, anche europeo, e presidente della Lista Marco Pannella, dal segretario dell’associazione Pennabianca, Gennaro Romano e dal suo tesoriere, Andrea Aversa. Tutti pannelliani duri-e-puri, appartenenti all’area non movimentista del partito. Come Rita Bernardini e Sergio D’Elia, militanti storici.
Hanno bruciato sul traguardo Riccardo Magi, che da tempo chiedeva un congresso. Infatti i radicali, pur profeti di diritto e democrazia, non tengono un congresso dal 2011 (Forza Italia e 5stelle non li organizzano per niente, l’ultimo del Pd è del 2013).
L’autoconvocazione è quindi un attacco alla corrente di Magi e il congresso sarà quindi decisivo per il futuro dei radicali.
Già all’ultima assemblea sono volate parole grosse. Turco ha cercato di opporsi alla presentazione delle liste elettorali: «In questo modo si fa violenza alla storia e all’identità radicale, gli statuti vietano la presentazione di liste di partito.
Finché ha potuto Marco ci ha riunito ogni giorno a mezzogiorno per discutere di politica. C’è chi non ha mai partecipato a quegli incontri. E si vede benissimo».
Ancora: «Marco ha lasciato un’eredità politica troppo importante. Inoltre ci ha chiesto di non mollare – dice Turco. – Ecco perché abbiamo costituito Pennabianca e a settembre ci sarà il congresso del Partito radicale. Il tema è Da Ventotene a Rebibbia. Motto non casuale e che rafforza la nostra linea politica: giustizia giusta, Stato di diritto, diritto umano e universale alla conoscenza, Stati uniti d’Europa».
Si preannuncia non facile il dopo-Pannella. Non c’è più il suo carisma a fare sintesi. Tra l’altro non aiuta la farraginosa struttura della galassia radicale.
Al vertice c’è il Partito radicale nonviolento transnazionale e transpartito, da cui partono i tanti rami, dall’associazione Luca Coscioni alla Lega internazionale antiproibizionista, da «Nessuno Tocchi Caino» a «Non c’è pace senza giustizia» e ora anche «Pennabianca».
Ogni ramo, pur confederato, è autonomo e fa vita (e iscrizioni) autonome. Radicali italiani è una di queste associazioni. Ecco perché nelle liste di Milano e Roma non è comparsa la scritta Partito radicale, che per statuto non può partecipare alle elezioni, ma genericamente quella di Radicali, che in quanto associazione hanno potuto decidere di andare alle urne, dando un contributo non secondario alla vittoria di Beppe Sala e invece non incidendo sull’esito romano.
A elezioni avvenute, le varie anime del partito debbono decidere che fare, essendo orfane del lider maximo. Magi accetterà la convocazione del congresso e andrà alla conta oppure cercherà di organizzarlo lui? Il termometro radicale indica una maggioranza di delegati a suo favore e in più l’appoggio dell’altro capo storico, Emma Bonino. Ma si sa, i congressi sono imprevedibili.
Dice Riccardo Magi: «In queste ore, assieme ad altri soggetti, stiamo procedendo alla convocazione del senato (il consiglio generale, composto da una cinquantina di membri, Ndr) vista la prolungata inadempienza degli obblighi statutari da parte, tra altri organi, del segretario (è l’avvocato Demba Traorè, del Mali, che in realtà non si è mai insediato, ndr).
Il Senato dovrà dunque, dopo aver eletto il nuovo presidente, ripristinare la legalità statutaria, tra questi la convocazione del congresso, appuntamento che dovrà prevedere una fase adeguata di preparazione politica».
Una situazione ingarbugliata, che potrebbe sfociare in due congressi e quindi in un’insanabile spaccatura tra i radicali, per altro abituati ai litigi, come schiettamente ammette un radicale di lungo corso come Gianfranco Spadaccia, ex segretario ed ex senatore: «Quello che dagli ormai lontani anni 80 ha cercato di essere il Partito della riforma del sistema politico non si è praticamente accorto che negli ultimi due anni si è aperta una stagione di riforma costituzionale e istituzionale.
Non siamo stati quelli del referendum Segni (in realtà Segni-Pannella) e dell’uninominale? Non abbiamo tenuto a battesimo il Mattarellum?
Non proponemmo a metà degli anni 90 la triade presidenzialismo-uninominale-federalismo, tentando di convincere Silvio Berlusconi e Umberto Bossi?
E nel 2011-2012 non abbiamo cominciato noi l’attacco al Porcellum riproponendo con Pannella, Pietro Ichino, Mario Baldassarri la Lega per l’uninominale?
Il silenzio su tutto questo è ora assordante. Ben vengano i Radicali per il sì e quelli per il no, benvengano i Radicali del «sì però» (il mio ad esempio è ancora un sì esitante e incerto a fronte di un però grande come una casa perché queste riforme sono brutte assai e, se approvate, dovranno essere rapidamente modificate e corrette). Ben vengano il dibattito, il confronto, perfino la divisione: sempre meglio dell’assenza, del silenzio, dell’indifferenza».
Concorda Magi: «L’Italia sta sperimentando un fenomeno nuovo, il renzismo, che ha rivoluzionato il quadro della sinistra e fortemente modificato non i vizi strutturali e la cultura ma certamente l’assetto e gli equilibri della politica e quindi della partitocrazia.
È singolare che su Renzi e le novità che ha introdotto nella politica italiana come sulla sua controversa politica riformista, siano completamente mancati riflessione e dibattito da offrire a noi stessi e al paese.
Il Partito radicale, che è stato a lungo in solitario il Partito della riforma del sistema politico e delle istituzioni e ha sempre fatto di questo il terreno privilegiato della ricerca di una alternativa democratica al conservatorismo della partitocrazia, proprio questa volta è stato silenzioso e assente mentre aveva tutti i titoli per chiamare a raccolta le energie radicali e aggregare energie intellettuali nelle università e nella stessa informazione».
Due approcci alla politica, quello di Riccardo Magi (e dei suoi supporter) e quello di Turco (e dei suoi seguaci) assai lontani tra loro. Il redde rationem si avvicina senza più padri nobili. Solo testimonianza o anche rischiare di sporcarsi le mani? Meglio al di sopra delle parti o contribuire a fare vincere Sala? Meglio l’elitarismo o il proselitismo? L’appuntamento per il dopo-Pannella sarà (forse) a settembre.