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 2016  luglio 13 Mercoledì calendario

Incontrando per strada a New York Andrea Bonomi, tutto convinto di diventare il nuovo padrone di Rcs

Può capitare di incontrare per strada a New York Andrea Bonomi, ad di InvestIndustrial. Il suo ufficio è in pieno centro, al 15° piano del Seagram Building, grattacielo simbolo della città, realizzato nel 1958 da Ludwig Mies van der Rohe, un classico, per tradizione sede di molte finanziarie e gruppi americani e globali. Bonomi dice di essere spesso in città per seguire i rapporti con i suoi investitori americani, soprattutto fondi delle università della Ivy League e fondi pensione e fondi assicurativi istituzionali che contano per circa il 40% dei 5 miliardi di euro impegnati in InvestIndustrial.
Un punto di forza, canalizzare fondi esteri in investimenti italiani: «Crediamo di farlo nell’interesse dell’Italia, visto che 9 investimenti sui 13 che abbiamo aperti sono nel nostro Paese».
Complessivamente InvestIndustrial, attraverso le attività operative, dà lavoro a circa 18mila persone. Fra le controllate italiane ci sono Valtur, Artsana, B&B Italia; fra quelle estere il fiore all’occhiello è Aston Martin.
Bonomi sarà qui tutto luglio, è da qui che ieri e la settimana scorsa ha coordinato l’ultima operazione di rilancio per la Rcs. Ed era qui a maggio, quando finalizzò l’offerta coi suoi soci nella International Media Holding in alternativa a quella di Urbano Cairo.
Sempre al Seagram Building, al pianoterra, c’è il Four Seasons, altro posto simbolo della città, questa volta disegnato da Philip Johnson, dove si teneva ogni giorno una delle più classiche liturgie degli affari newyorchesi, il «Power lunch». Ma il proprietario, Abe Rosen, ha sfrattato il ristorante lasciando orfani i finanzieri, capi azienda e celebrities in genere che amavano ritrovarsi a colazione. «Sic transit», dice Bonomi mentre chiacchieriamo della sua operazione in corso in Italia. «Il cambiamento fa parte della cultura americana. Peccato, perché il posto era bello, ma le cose cambiano, gli affitti salgono e alla fine prevalgono i conti, non gli interessi romantici o la politica». Chiedo se questa battuta è un riferimento al suo braccio di ferro a Milano con Urbano Cairo per la maggioranza di Rcs: «In parte sì. Le tradizioni, come quella del Four Seasons, sono importanti – risponde – ma guardare indietro invece che avanti non aiuta nessuno. Io preferisco guardare in avanti, spero che in generale lo faccia anche l’Italia. Le aggiungo che noi abbiamo sempre operato in assoluta trasparenza, in operazioni di mercato dove gli investitori “amici” non meglio identificati non sono mai esistiti». Possibile, dico, ma in questo caso è proprio il mercato che parla, non gli interessi della tradizione o della politica, siamo arrivati alle ultime offerte e quella di Urbano Cairo è di 4 centesimi più alta della sua, 1,04 euro per azione contro un euro. Se lo aspettava? «Ci aspettavamo un rilancio di Cairo – risponde Bonomi – del resto abbiamo rilanciato anche noi offrendo un euro per azione in contanti, un’offerta che riteniamo molto generosa in base ai parametri internazionali. La nostra offerta ha un valore finanziario più alto di quella di Cairo e una validità industriale molto più coerente con i bisogni di Rcs. È uno sforzo importante che stiamo facendo insieme ai nostri soci Della Valle, Pirelli, Mediobanca e Unipol, azionisti che hanno costantemente supportato la società da molto tempo con l’investimento di significative risorse finanziarie. Detto questo sarà il mercato a decidere. Le dico solo una cosa, visto che siamo in America: le offerte per cassa sono privilegiate soprattutto in tempi di incertezza».
Le ricordo che Cairo ha inserito un 25% di contanti nella sua offerta, cosa che prima non c’era.
«Cairo offre il 25% in contanti ma il 75% è in carta. Da quanto ho capito, il contante sarà disponibile grazie a un finanziamento di 130 milioni di euro che aumenterà l’indebitamento di Cairo, cosa che in genere dovrebbe avere un riflesso negativo sul titolo. Dico, in genere, basandomi su prassi internazionali. Detto questo, il prezzo del titolo Cairo è a livelli che hanno già stupito International Media Holding forzandola a offrire il prezzo di oggi. Ma qui dovrebbe valere una considerazione di rischio e di valore intrinseco delle due offerte. Cairo cerca di utilizzare un messaggio classico di pubbliche relazioni: partecipate con me al rilancio, per giustificare che per la sua società quest’operazione sembra essenziale. Lo capisco, ma non credo basterà a convincere gli azionisti di Rcs. Noi crediamo di essere la migliore alternativa per il mercato: non abbiamo mai escogitato complesse operazioni di ingegneria finanziaria, abbiamo sempre offerto contanti perchè così è prassi nel mercato. Se vuoi il controllo di un’azienda devi dare la possibilità ai soci di monetizzare il loro investimento a un prezzo sicuro. Se qualcuno decide di tenere una parte delle azioni Rcs e partecipare al nostro lavoro di ristrutturazione e rilancio, può farlo anche con la nostra offerta ed è il benvenuto».
Ma arrivare al 66,7% non è automatico ed è possibile che ci sia uno split con alcune azioni destinate all’operazione Cairo.
«Come sa International Media Holding ha già il 22,6% del capitale e secondo i nostri calcoli la maggioranza degli investitori guarderà alla sostanza e non alle pubblicità sulle televisioni e abbiamo fiducia che a questi prezzi otterremo le azioni di Rcs di cui abbiamo bisogno e forse di più, vista la solidità della nostra offerta».
Lei vuol dire che l’offerta di Cairo non è solida?
«Questo lo dice lei. Oggettivamente parliamo di due offerte molto diverse, Cairo offre il 75% in carta che ancora non sconta il peso di un indebitamento potenziale addizionale di 130 milioni di euro. Personalmente sono contro a un modello industriale che si fonda sul debito per mantenere in controllo. Rcs ne è un esempio».
Che fiducia dovrebbe avere un investitore in lei, un investitore puro, non un editore con in più la necessità di uscire dall’investimento dopo quattro o cinque anni. Cairo è un editore che sembra avere le idee chiare anche in materia di televisione.
«Sono anche due offerte con piani industriali molto diversi. Rcs è stata per anni senza un azionista forte e senza risorse per crescere. Ma la forza delle sue testate e delle sue persone è indubbia e hanno voglia e fame di rivincita. Il mondo dell’editoria sta attraversando una fase molto delicata, Rcs deve concentrare tutti gli sforzi sulle piattaforme che già ha e non complicarsi la vita con altre avventure. I nostri soci e noi analizziamo piani industriali tutti i giorni e per Rcs comperare per 340 milioni di euro un canale free to air sottoinvestito con una market share di pressappoco il 3% non ha senso industriale, non solo non vi sono sinergie ma vi sono dissinergie. Se il consiglio vuole investire 340 milioni ci sono asset digitali e nello sport molto più sinergici e interessanti. Rcs merita di essere un grande gruppo europeo con una visione moderna e internazionale non solo italiana. Abbiamo sia la visione e la prospettiva internazionale, sia le risorse per farlo».
Cosa vuole dire, assumerà un incarico operativo nel gruppo?
«Assolutamente no. È arrivato il momento anche per l’Italia e per la Rcs di avere degli editori puri. Il management avrà piena autonomia e così pure la direzione giornalistica. Il nostro è un approccio internazionale che punta al rilancio della Spagna e dell’Italia, due mercati che conosciamo a fondo e alla crescita nel settore sportivo magari anche attraverso acquisizioni. Poi parlerà il mercato, se fra 7 o 10 anni – perché questo è il nostro orizzonte non di quattro anni – il piano industriale avrà avuto successo non vedo cosa ci sarà di male nel vendere una parte del nostro investimento».
Cosa c’è di vero nei rumor che vi attribuiscono la volontà di creare una partnership con il Sole 24 Ore?
«Lei saprà bene che per regola statutaria nel Sole 24 Ore non possono esserci partecipazioni superiori a una certa percentuale che mi pare sia il 2%. È Confindustria ad avere il pallino in mano su decisioni di questo genere, non noi né tantomeno il mercato».
Lei continua a dire che la vostra offerta di un euro è meglio di quella di Cairo, pensa davvero di farcela?
«Secondo la logica non ci sono dubbi, basta analizzare le due offerte. Ma la partita la deciderà il mercato e lei sa quanto quanto il mercato italiano abbia elementi e componenti imprevedibili».