la Repubblica, 13 luglio 2016
Il diciassettesimo secondo posto al Tour di Sagan
Nel suo veneto cantilenante Peter Sagan riassume: «Poteva andar meglio, poteva andar peggio, quindi devo dire che è andata bene». Poteva andar peggio se la fuga da lontano non fosse andata al traguardo, poteva andar meglio se avesse vinto la tappa, ma Michael Matthews e i due dell’Orica (Durbridge e Impey) hanno fatto un gran gioco di squadra. Più che crucciarsi per il diciassettesimo secondo posto al Tour, Sagan pensa ai 45 punti raccolti e alla maglia verde tornata sua. Ora ha 38 punti più di Cavendish, che cercherà di riprenderne un po’ oggi, ma il più è fatto. Sagan è un velocista atipico, può sgobbare allegramente per 200 km e non solo per 200 metri. E si ritrova in una fuga atipica, da lui fortemente voluta. Subito in partenza c’ è l’Envalira, che a me pare un’autostrada in leggera salita, per la bellezza di 24 km. Si ritrovano in testa in 15. Bei nomi: Nibali, Boasson Hagen, Van Avermaet, Landa, Caruso (che è sul taccuino di Cassani per Rio), Cummings. Sagan attacca dopo 6 km, Nibali è tra i primi ad agganciarsi con Rui Costa. Ci prova anche Valverde ma la Sky reagisce subito. Dopo un po’ di tira e molla la fuga è definitiva come la rinuncia del gruppo, che cerca di prolungare il giorno di riposo.
L’Envalira ha un cappello di nuvole per buona parte della salita e della discesa. Era così anche nel 1964, edizione passata ala storia del ciclismo per i ripetuti duelli tra Anquetil e Poulidor. Anche allora ci fu un attacco ai piedi della salita, ma erano quasi tutti uomini di classifica, non cacciatori di tappa: Jimenez, Poulidor, Bahamontes, Adorni, Anglade. Bersaglio delle grandi manovre Anquetil, che nel giorno di riposo non s’era allenato e per questo era diventato anche più antipatico. In realtà, Anquetil aveva una fifa blu da prima della partenza, da quando sulle pagine di France Soir il famoso mago Bellini (di cui si son perse le tracce) aveva predetto che il 6 luglio 1964 un corridore il cui cognome cominciava per A sarebbe morto cadendo nella discesa dell’Envalira. Anquetil era superstizioso. Dopo la previsione, cominciò a dormire poco e male, tenendo sveglio Stablinski, il compagno di camera. Rafael Geminiani, il ds, filtrava la corrispondenza, consegnando al suo corridore solo i messaggi di incoraggiamento e solidarietà. Ma erano molto più numerosi quelli che gli auguravano di crepare. Janine, la moglie di Anquetil, e Geminiani per distrarre Anquetil chiesero a Radio Andorra di organizzare una mangiata all’aperto in suo onore. Era anche un modo per dimostrare agli avversari che Jacques era tranquillo, invece anche in quel giorno di riposo aveva parlato di ritiro, e non era la prima volta. C’è una foto che mostra Anquetil e Geminiani mentre addentano un cosciotto d’agnello (molto stagionato, a giudicare dalle dimensioni). Sul seguito s’innestano due pesi: quello dell’agnello e quello della profezia. Gigot d’agneau, sui Pirenei, spesso significa un animale morto vecchio e sepolto nell’aglio. Anquetil in partenza è bloccato dall’uno e dall’altro peso, gli avversari volano via come fringuelli. Antonin Magne ha fatto scaldare Poupou: 40 km a tutta prima del via. In cima Anquetil ha 5’ di ritardo e praticamente ha perso il Tour. Geminiani va a scuoterlo: «Se proprio devi morire, che sia in testa al gruppo e non in coda». Lo so che suona retorico, ma così sta scritto nel libro di memorie di Geminiani. «E vada come deve andare» commenta Anquetil. Mai nessuno, prima, lo aveva visto correre così in discesa. Annulla il ritardo, e vincerà quel Tour.
Allora si arrivava a Tolosa, ieri a Revel. A una ventina di km dal traguardo ennesima sparata di Sagan e Nibali resta indietro. «Mi spiace, sentivo di avere buone gambe, io e Peter siamo quelli che hanno creduto di più nella riuscita della fuga. Mi sono staccato perché Cummings ha creato un buco per favorire Boasson Hagen. Ho cercato di rientrare da solo ma non era semplice, quando sono arrivato a una trentina di metri Peter ha fatto un altro scatto e mi ha tagliato fuori». Anche così ci si allena, mentre per Froome «dormire è la difesa più importante. Oggi la squadra ha potuto tirare il fiato e questa è una bella cosa». Sagan, che ha lavorato per due, si ritrova brutti clienti in volata. Per maggiore sicurezza, Impey allunga due volte e lo obbliga a rincorrere. Lo sprint di Matthews è più affilato, lui ringrazia il gioco di squadra e la sfortuna che ha guardato altrove. «Due anni fa non sono partito da Leeds, ero caduto in allenamento. L’anno scorso in Belgio, alla terza tappa, mi ero rotto quattro costole. Temevo Sagan perché al Giro di Svizzera mi aveva battuto due volte. Dopo tutto il lavoro che Durbridge e Impey hanno fatto per me, non potevo rovinare tutto».