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 2016  luglio 13 Mercoledì calendario

«Nuoto già con l’elmetto». Federica Pellegrini è pronta per Rio

Da Atene 2004 a Rio 2016 c’è sempre Verona, la casa di tutti i giorni e dei ricordi della signora Pellegrini. L’icona dello sport italiano fa l’ultima apparizione prima di Rio nel suo focolare, in questa vasca incendiata dal sole e dalle telecamere. Enorme e domestica, Fede è la capitana pop di una squadra che tra 25 giorni sfilerà al Maracanà dietro al tricolore. Anzi, è Federica stessa la bandiera. La sorella d’Italia più vincente e longeva dello sport azzurro, ai suo quarti Giochi, forse gli ultimi: «Deciderò dopo».
A 28 anni che compirà il 5 agosto da portabandiera del paese alle Olimpiadi, la tentazione della vita ce l’ha. I progetti con Filippo Magnini, suo fidanzato, verranno: «Quando finiamo gli allenamenti, cerchiamo di non parlare di nuoto». I corpi hanno molte parole. Fede, è l’incarnazione anche fisica di una storia unica. Dal broncio riluttante del primo argento in Grecia a 16 anni e 12 giorni, la più giovane italiana di sempre su un podio olimpico, alle copertine e i pettegolezzi da Diva. Ascese cadute e risalite, panico amori e diversi allenatori, ma nel suo romanzo lungo più di un decennio la protagonista è sempre la stessa: l’acqua. «Amo il tricolore perché dentro c’è tutto: il rosso della passione, il bianco della purezza, il verde della speranza. L’azzurro poi è il mio mondo, è il colore dell’acqua».
Dentro a questo rettangolo di 50 metri la Pellegrini ha vissuto tutte le vite. «Ma se devo dire una cosa che mi è mancata non c’è. È la vita che ho scelto. Forse non stare in simbiosi con la mia famiglia, ma il fatto che abitino vicino, a Spinea, mi dà tranquillità». Ha provato a emigrare (Milano, Parigi, Narbonne, Roma), poi qui è tornata. A casa. Nel centro federale che porta il nome del suo maestro, Alberto Castagnetti, che non c’è più. «Ma io lo vedo a ogni vasca». Ci sono le foto ovunque dell’allenatore che per Federica è stato anche un padre. Ma Fede ha il suo ritratto tatuato dentro. «È per lui che sono venuta qui, mi ci portò prendendomi per l’orecchio nel 2006 dopo un europeo disastroso da cui uscii distrutta. Avevo 17 anni e molti dicevano che ero finita. Mi consegnai ad Alberto, fu lui a ricostruirmi». Pellegrini è un’architettura complessa. Classica per prospettiva, barocca per modo di arrivarci. «Io nuoto per me. Per la mia soddisfazione e passione, non contro gli altri. Certo, perdere non mi piace. Ma nuoto per raggiungere i miei obiettivi».
Fare la Pellegrini ancora una volta. «Dopo la delusione di Londra 2012, con i due quinti posti, mi ha fatto bene staccare un po’. Che cosa mi ha fatto ripartire? Le motivazioni. Sono quelle che ti fanno alzare la mattina. Ho lasciato i 400 stile perché mi avevano spremuta. Crescere significa saper abbandonare le cose che non ti piacciono». Le 4 vasche invece sono sue. A Rio dovrà spartirle con giovani scalmanate. Le americane, soprattutto, l’insaziabile 19enne Katie Ledecky su tutte. «Anche se non è arrivata ai Trials americani preparatissima, non è una che si ferma. Il mio record del mondo? Scendere sotto l’1’52’’ la vedo ancora dura, persino per lei». Nei 200 stile libero Fede ha il secondo tempo al mondo (1’54’’55) quest’anno, nuotato a Roma poche settimane fa; Katie il primo che risale a gennaio (1’54’’43). «C’è anche da calcolare la svedese Sjoestroem, perché anche quando non si presenta ai blocchi io la considero sempre. Ho nuotato tutto l’anno pensando a quella che sarà la gara a Rio. E ci ho messo tutta me stessa. Per me essere scesa adesso sotto l’1’55’’ mi dà molta fiducia. Ma a Rio conterà quel momento lì, non il prima né il dopo. Credo che l’esperienza e la freschezza a un certo punto combacino, bisogna vedere in quale punto. Sarà una gara di altissimo livello, che si combatterà all’ultimo millimetro e all’ultima bracciata. Sono 12 mesi che ho l’elmetto abbassato. Io in quella lotta ci voglio essere».
Pellegrini è il gusto della battaglia. E dell’orgoglio. Dopo la sfilata inaugurale, verrà prelevata e riportata al Villaggio prima della fine della cerimonia. Il giorno dopo ha le batterie della staffetta 4x100 sl. «Ma portare la bandiera mi darà una spinta in più, io vengo da una famiglia molto patriottica. Sarà un giorno molto emozionante, alle cerimonie di apertura dei Giochi non sono mai andata. Vorrei una nazionale molto caciarona». Quasi di certo, senza Schwazer: «È spaventosa se vera la tesi del complotto, perché non ti puoi proteggere, tutti noi atleti siamo vulnerabili. Io mi preparo le borracce da sola e anche gli integratori». Da oggi, silenzio. «Vado in clausura». La religiosa dell’acqua, con l’elmetto.