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 2016  luglio 13 Mercoledì calendario

In morte di Lorenzo Amurri

Severino Colombo per il Corriere della Sera
«Adesso corri corri salta balla gioca vola». Così l’ultimo saluto del cantautore Niccolò Fabi a Lorenzo Amurri, scrittore scomparso ieri a 45 anni. Da quando aveva 26 anni non poteva fare più nessuna di quelle azioni: Amurri era tetraplegico per un incidente sugli scii, nel 1997.
Con il libro d’esordio Apnea (Fandango, 2013) aveva raccontato la sua vicenda personale: l’incidente, la voglia di ricominciare e le difficoltà quotidiane della vita in carrozzina. Il romanzo era stato candidato al premio Strega 2013 ed era arrivato alle soglie della cinquina finalista; aveva ottenuto 21 preferenze e soprattutto aveva vinto la gara tra i 200 ragazzi di 39 scuole secondarie romane; nel 2015 Apnea aveva anche ricevuto il Premio Europeo per la Letteratura.
L’annuncio della scomparsa è stato dato ieri, alle 13.13, sulla pagina Facebook dello scrittore dai fratelli Franco, sceneggiatore e regista, Valentina, autrice radiotelevisiva, e Roberta. La notizia si è poi diffusa in rete: tra i primi a rilanciarla sui social network i cantautori Niccolò Fabi e Luca Barbarossa, quindi Roberto Saviano, Alessandro Gassman, Enrico Ruggeri.
Come scrittore Amurri aveva cominciato con il blog (tetrahi.blogspot.it) su cui ha continuato a scrivere fino alla primavera di quest’anno (nell’ultimo post datato 5 maggio scriveva: «Qualche giorno fa, dopo quasi cinque mesi passati a letto, mi hanno fatto sedere sulla carrozzina per quaranta minuti») e con alcuni racconti, uno dei quali è presente nella raccolta Amore caro (Cairo, 2009), a cura di Clara Sereni. Dopo il successo di Apnea, sempre per Fandango era uscito, nel 2014, Perché non lo portate a Lourdes?, sulla sua esperienza di viaggio nel santuario mariano.
Amurri è stato anche musicista e produttore musicale, ha collaborato con Tiromancino, Asia Argento, Franco Califano e Lola Ponce. Lo scrittore Sandro Veronesi (che con Clara Sereni l’aveva presentato allo Strega) ha commentato la scomparsa di Amurri: «Il privilegio di esser stati qui con lui, in questo strano posto dove si soffre per un nonnulla, ci ha reso speciali, e lo dimostreremo». La camera ardente dell’Ospedale Regina Elena a Roma resta aperta oggi dalle 10 alle 13.30 per l’ultimo saluto.

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Andrea Velardi per Il Messaggero
Lorenzo Amurri ci ha lasciati a 45 anni sconfitto da una malattia incurabile dopo essere vissuto su una sedia a rotelle dall’età di 26 anni a causa di un incidente sulla neve al Terminillo dove si trovava con l’inseparabile fidanzata Johanna. Abbandonata la chitarra, dopo un periodo di buio, si fa avanti la necessità della scrittura. Escono Apnea, entrato tra i dodici finalisti del Premio Strega 2013, e Perché non lo portate a Lourdes? (2014) editi da Fandango. La sorella è amica di Sandro Veronesi. È lei a fargli leggere con timidezza il manoscritto di Apnea. «Era pronto già per essere pubblicato – ci dice l’autore di Caos Calmo –. Mi meravigliò la parte dei ricordi. Era così viva. Credevo che Lorenzo avesse preso degli appunti durante la degenza. Invece no. Io non ho fatto nulla. È stato lui a dare di più a me con il suo dono unico di richiamare alla concretezza e alla bellezza della vita».
La personalità di Lorenzo era rock, esagerata, volitiva. Il suo vitalismo prende di petto il male, la sofferenza, la limitazione, l’oltraggio del destino. Apnea è una analisi millimetrica e senza sconti del dolore fisico, della lucida possibilità del suicidio, della sessualità tutta mentale della tetraplegia, di una vita senza fede, senza nessuna consolazione tranne la gioia di essere al mondo nonostante tutto. Ma dalla crisi nasce una nuova sapienza del tempo, il rimpianto per gli attimi non goduti abbastanza, per il rapporto difficile col padre Antonio.
A Casa Bellonci la sera della cinquina incontra una signora che si diverte a fare l’oroscopo agli intervenuti. «Capricorno. È il segno di Gesù Cristo. La Madonna sa riconoscerlo, e farà la grazia». Il misterioso consiglio viene seguito da Lorenzo nel modo dissacrante di chi è disponibile a fare crollare le proprie certezze, falsificando ogni superstizione. Dal suo pellegrinaggio ateo è nato un reportage unico sui rischi di mercificazione e manipolazione del sacro, ma anche sulla umanità che emerge dalla sofferenza. L’ateismo di Lorenzo è rimasto fino alla fine un inno tenerissimo alla vita. Non ci saranno funerali. Ma una festa con musica e drink da bere nell’estate rovente e libera. La stagione della sua anima e del suo corpo che «riesce a stare in piedi solo dentro l’acqua del mare».

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Massimiliano Castellani per Avvenire
Un’anima bella, una bella testa abitata da musica e parole, ancor prima che uno scrittore di grandissima sensibilità. Questo è stato Lorenzo Amurri, volato via troppo presto, ieri, a 45 anni. L’estate del 2013, proprio in questi giorni, Lorenzo era reduce dal Premio Strega in cui, a sorpresa, era entrato nella cinquina dei finalisti con il suo struggente ed intenso romanzo d’esordio, Apnea( Fandango). L’autobiografia dolorosa di un ragazzo, il don Giovanni della Roma bene (quartiere Aurelio) e illuminata (era degno figlio d’arte di quel genio della satira, e non solo, che è stato Antonio Amurri) che a 25 anni vide calare il sipario sulla sua prima vita. Uno schianto tremendo, mentre sciava, contro il pilone della seggiovia, sotto gli occhi della fidanzata svedese. La bellissima Johanna, «l’amore della mia vita», ricordava nostalgico.
Coma farmacologico, poi la sentenza atroce: «Paralizzato per l’80% del corpo». Un percorso di riabilitazione attaccato alle flebo e alla flebile speranza di «poter almeno muovere le mani, per tornare a suonare la mia chitarra». La sua appendice, lo strumento dell’animatore de “Il locale”: il covo dell’ultimo cantautorato romano con cui ha condiviso un tratto della sua prima spensierata esistenza. Quella in cui suonava e aspettava l’alba con gli amici musicisti, come Niccolò Fabi che su Facebook ora lo saluta così: «Lollo mio. Nostro meraviglioso eroe. Adesso corri corri, salta, balla, gioca... tesoro di tutti noi...». La seconda vita di “Lollo” è stata quella salvata da un medico dal nome conradiano, il dottor Kurt, il primario della clinica Balgrist di Zurigo. Un calvario interminabile rivissuto sulle pagine di Apnea con gli occhi della fantasia: «Un bagliore accecante mi teletrasporta a bordo, dove le creature aliene mi aggiustano la schiena e mi riportano a letto», scrive Lorenzo, dei giorni faticosi e sudatissimi del lento recupero, affidata alla solerte ergoterapista Claudia, all’infermiere, complice di zingarate rock, Stefan. Ma soprattutto grazie al supporto costante di una famiglia unita e cinematografica: l’attrice Eva Amurri è la figlia del fratello Franco – regista – e della diva americana Susan Sarandon. Però Lorenzo ha sempre vissuto ascoltando prima di tutto la gente comune e infatti il pensiero finale del suo libro era stato per «le persone nella mia “condizione” che fanno fatica ad arrivare a fine mese con 756 euro di pensione di invalidità. Lo Stato può e deve fare molto di più per la disabilità». Sarebbe un miracolo se ciò accadesse in questo Paese «ostaggio delle vergognose barriere architettoniche». E in un miracolo per lui confidava la signora incontrata all’uscita della Basilica di Massenzio (la notte dello Strega) che chiese d’acchito al suo accompagnatore: «Perché non lo portate al santuario della Madonna di Lourdes? ». Quasi una provocazione per uno la cui fede era solo quella per la “Magica Roma” e il suo unico “profeta” Francesco Totti, ma la Fandango lo convinse ad accettare la «sfida»: salire sul treno bianco dei pellegrini dell’Unitalsi. Un viaggio intrapreso con lo spirito sornione e lo stile affabulatorio che pervade le pagine di Perché non lo portate a Lourdes?, dato alle stampe dopo il giudizio lusinghiero del suo primo lettore, Sandro Veronesi. Lorenzo nella seconda prova affilò la lama dell’ironia ereditaria sull’esercito del volontariato, ma non fece sconti neppure all’universo dei disabili invitando i normodotati a giudicare uno come lui «semplicemente come tutti gli altri». Nella grotta di Lourdes una fiammella si accese comunque nel suo cuore: fu alla vista di una suora giovane dal «viso luminoso di rara bellezza», che lo stregò per quell’energia che «lei ha deciso di spiegarla dandole un nome ». Forse non avrà un nome il libro che Amurri stava scrivendo, il terzo, di cui Lorenzo orgoglioso aveva accennato agli amici: «Sarà il primo vero romanzo, perché non parlerò di me».