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 2016  luglio 13 Mercoledì calendario

Matteo Arpe ha lanciato un’app interessante

Nel 1958 American Express lanciò una delle prime carte di credito della storia con una commissione annuale di 6 dollari, uno in più rispetto alla carta Diners Club di 8 anni prima.
Con quella mossa iniziò una guerra commerciale per la conquista del mercato delle transazioni con la moneta di plastica. In termini economici, si stava formando un oligopolio che dura ancora oggi. Per comprendere a pieno l’attuale trasformazione del Fintech bisogna ritornare a quegli anni: in molti si stanno posizionando, ma è facile presupporre che in pochi ce la faranno e che alla fine anche quello delle app per i pagamenti sarà un oligopolio. Solo che al posto della plastica oggi c’è il P2p, il peer-to-peer. Matteo Arpe, che ieri ha lanciato la sua Tinaba, This is not a bank, non ne fa un mistero di questa trasformazione epocale che potrebbe mettere in crisi banche tradizionali (e gestori di carte di credito), forse proprio perché è un banchiere. «Dal luglio del 2010 l’Ise mobile pay index ha guadagnato il 181%, lo Stoxx Europe 600 Banks ha perso il 34%».
Tinaba non è la prima app per il P2p: anche in Italia le esperienze interessanti non mancano (Satispay di Alberto Dalmasso, 2pay, Hype di Banca Sella, Jiffy della Sia). Ma Arpe punta a conquistare il mercato con l’azzeramento dei costi di transazione, anche per gli esercenti. La promessa è «poter spostare un centesimo, senza nessun costo, tutte le volte che uno vuole», un’opzione tutt’altro che teorica se si pensa ai micropagamenti su Internet. Ma la magia del centesimo a costo zero funziona solo se tutti hanno Tinaba. Arpe conosce la posta in gioco: «Non so se sarà questa, ma il futuro passerà da una società come questa». Tinaba è 100% Sator. Banca Profilo, del gruppo, ha opaionato il 5. L’investimento è stato di 15 milioni, ma ci sono altri 15 milioni pronti. Nessun brevetto, tutto è su blockchain. Il grande assente è la carta di credito. Negli anni 80 un famoso spot diceva: «Don’t leave home without it». Oggi si può, basta non dimenticare lo smartphone.