la Repubblica, 12 luglio 2016
Gli atleti non accettano più l’acqua dagli sconosciuti. Sono ossessionati dal doping
Continua a stupire quell’immagine: Tamberi che annusa il tappo di una bottiglietta di plastica e la butta via senza berne una goccia. Il campione europeo giustamente non si fida. Magari puzzava e basta. Però la storia insegna. Plastica nella barretta di cioccolata e mou più famosa del mondo, frammenti di metallo in altre, arsenico nell’acqua minerale. C’è di tutto. Infatti Tsonga teme come la peste i prodotti confezionati di alcuni tornei di tennis e piuttosto muore di sete pur non di non affidarsi all’acqua disponibile. Djokovic tocca sempre meno cibo con le mani e prepara la sua razione di datteri con attenzione quasi maniacale. Quando fu costretto a mangiare un pezzettino di torta durante la festa organizzata a Parigi per il suo compleanno aveva la stessa espressione di un condannato a morte. E i ciclisti? Ormai schifano le leggendarie borracce dei tifosi, un tempo ritenute salvifiche.
L’effetto doping nel mondo dei puliti ha contorni esasperati. Si sentono accerchiati, minacciati da nemici invisibili. Hanno tutti paura di rimanere incastrati nella vita di tutti i giorni, per sbaglio, leggerezza, distrazione. Pochi giocano ancora col “junk food”. Più che sentirsi male temono di sentirsi chiamare dopati perché magari la carne del burger era pompata. La parola chiave è: inconsapevolezza. La seconda parola è: indimostrabilità. Il rischio esiste. Molte aziende di integratori “puliti” non sono così attente nell’assemblare i loro prodotti. In uno studio di qualche anno fa, su 600 nomi commerciali per un totale di 100 aziende, il 25% risultava contaminato da ormoni o efedrina al momento dell’elaborazione farmaceutica del principio attivo o nella fase di “packaging”. E non parliamo di aziende che nascondono sostanze proibite dietro “supplement facts” o bugiardini immacolati: lì siamo già nell’imbroglio sfacciato. Parliamo di aziende che inconsapevolmente creano dopati inconsapevoli. Effetto doping che dilaga sotto forma di terrore rispetto a qualunque alterazione del proprio percorso alimentare: chi ha incastrato Roger Rabbit? La paura di cadere in una trappola casuale è inversamente proporzionale alla cura riservata al prodotto finito. Più questa aumenta più quella diminuisce. Persino nelle farmacie certi prodotti galenici destinati all’infanzia possono contenere il cortisone (o addirittura il testosterone) usato nello stesso laboratorio durante una precedente lavorazione. Proprio per questo alcuni siti che vendono vitamine e integratori forniscono test gratuiti a richiesta dei consumatori. Vogliono garantiresicurezza al cliente.
Non migliora le cose l’eterno ritardo dei sistemi di controllo. Nemmeno la Wada sa bene a cosa serva il meldonium che ha fatto strage di atleti russi inclusa la Sharapova. Lo hanno bandito dopo qualche mese di monitoraggio, come ha confessato un capo reparto, perché «abbiamo visto che compariva in tanti prelievi». La metilexaneamina trovata nelle urine del velocista Nesta Carter a Pechino 2008 è stata venduta a lungo come olio di geranio e otto anni fa non figurava neppure nella black list. Il male può anche far capolino da una buccia d’arancio. Se il concentrato di octopamina nel sangue non è compatibile con i livelli naturali sei fregato. Stanno sparendo pillole sparse, prese a casa di mamma, come capitò al tennista slovacco Beck, inchiodato 10 anni fa da un mal di testa. Mai più acquistare a una televendita come fece la Strycova: sospesa per sei mesi per “siburtramina”. E sempre mamma, inconsapevole, mise nei guai Cilic. Comprò barrette bilanciate nella farmacia sotto casa per il suo Marin ma dentro c’era niketamina, uno stimolante vietato. Ora anche i puliti sono malati. Di ortoressia. Mangiano solo con guanti e certificato accanto. Che bella bistecca. Sì, bella veramente. Mangiatela tu.