Corriere della Sera, 12 luglio 2016
«Una volta la villeggiatura era attività volontaria, oggi è un imprescindibile e feroce dovere sociale. Il lavoro, invece, è solo il modo necessario, non sempre sufficiente, per poter assolvere a questo dovere». Le vacanze degli italiani viste da Buzzati, nel 1967
Stralcio dell’articolo intitolato «Vacanza, spietata tiranna», pubblicato sul Corriere della Sera del 28 luglio 1967.Le afflizioni della grande città si trasferiscono pari pari al mare e ai monti dove l’uomo è fuggito per evitarle. Si assiste insomma a questo assurdo: per riposare, distendersi e ritemprarsi dopo un anno di lavoro, la gente delle città ricorre a una serie di supplizi.
Il fatto è che il tradizionale concetto di vacanze va oggi completamente riveduto. Una volta la villeggiatura era una attività volontaria, la quintessenza della libera scelta. Oggi invece la villeggiatura – vacanze estive, ferie natalizie, weekend con ponti più o meno prolungati – è un dovere, un imprescindibile e feroce dovere sociale.
Scopo dell’esistenzaAssai meno doveroso è il lavoro. Se mai, il lavoro è soltanto una convenienza: cioè il modo necessario, se non sempre sufficiente, per poter assolvere al dovere della villeggiatura. Un dovere imposto da chi? In proposito, leggi coercitive, per lo meno finora, da noi non esistono. Tuttavia forze irresistibili, ben più forti di una legge, premono sulla nostra coscienza e soprattutto sul nostro inconscio affinché le vacanze divengano il precipuo scopo dell’esistenza. In genere, di queste tremende sollecitazioni, non ce ne accorgiamo neppure. Proprio perciò esse ci trovano indifesi e fanno di noi quello che vogliono.
Cominciamo dai cosiddetti «mass media», cioè dagli innumerevoli mezzi che diffondono le informazioni tra le masse. A un certo periodo dell’anno le vacanze diventano il motivo dominante di una miriade di articoli, servizi giornalistici, trasmissioni radio e televisive, per non parlare del massiccio bombardamento fotografico di stupende ragazze in bikini senza esclusione di colpi. Si aggiungano le persuasioni, più o meno occulte, da parte della pubblicità. Immagini e messaggi ci riempiono il cranio di spiagge, alberghi, sontuose ville, scogliere, motoscafi, velieri, danze e festini all’aperto. E chi ha il coraggio di entrare in uno dei tanti negozi «beat» viene addirittura risucchiato in un gorgo allucinante di costumi, magliette, pantaloni, scarpe, cinture, cappelli, monili, maschere, uno più pazzo dell’altro, senza dei quali tuttavia l’esistenza, pare, non sia più concepibile.
Agisce altresì quel fondamentale reparto della Natura addetto, attraverso inimmaginabili astuzie, alla propagazione della specie. Infatti la vacanza, per l’imprevedibilità e l’abbondanza dei nuovi incontri che offre, per quel senso di libertà e di licenza che le è proprio, diventa, per moltissimi e moltissime, sinonimo di occasioni galanti, avventure, amori, fidanzamenti e matrimoni in vista. Infine entra in campo, per smuovere l’umanità dai centri urbani e buttarla allo sbaraglio, quel potentissimo despota dell’era moderna che si chiama conformismo: per cui chi tenta di sottrarsi all’obbligo della villeggiatura diventa un pericoloso fuori legge.
Senza nome, né voltoIn balia di questi tirannici stimoli, l’uomo medio e la donna media sono ormai degli schiavi, d’estate in estate sempre più sottomessi. Si obietterà: ma in vacanza, grazie a Dio, non c’è più l’obbligo dell’orario, non c’è più l’impegno quotidiano del lavoro, non ci sono più il direttore, il capufficio, il caporeparto, il capo del personale, eccetera. Questo sollievo è incontestabile. Non è vero. Anche in vacanza c’è un padrone; ancora più esigente e puntiglioso di quello lasciato in città. Non se ne conosce il nome, né il volto, né la voce. Però esiste. È l’inafferrabile e spietato dio delle vacanze il quale dirama i suoi imperativi categorici imponendo gli estenuanti preparativi, gli acquisti di vestiario e di attrezzi, i viaggi, le sfacchinate, le sveglie atroci, le gite, le nuotate, il rito del giro in barca, il rito del bagno sullo scoglio, il rito della colazione all’aperto, il rito pomeridiano del gelato, il rito della passeggiata serale, il rito della bicicletta, e la lista potrebbe proseguire per colonne intere. Egli ti ordinerà: Domattina ti sveglierai all’ora tale, ti vestirai così e così, porterai a spasso il cane di famiglia, andrai in spiaggia all’ora tale, ti incontrerai con Tizio, andrai in barca con Sempronio, all’ora X sarai di ritorno, giusto in tempo per...».