Corriere della Sera, 12 luglio 2016
Dalla Appendino a Brexit, la rivincita degli sfavoriti
Ma allora questo 2016 è davvero l’anno dell’underdog, dello sfavorito che rovescia tutti i pronostici e trionfa sul numero uno designato per decreto dal destino benevolo? A Parigi, con l’apoteosi del Portogallo che schianta i favoriti francesi, riprende fiato la sempiterna retorica del Davide contro Golia, del perdente che si fa vincente con pochi mezzi materiali, con poca frequentazione del potere, ma con le armi formidabili del cuore, il senso di squadra, l’umiltà. L’outsider che si fa beffe del predestinato. Quello che parte battuto, su cui gli scommettitori non punterebbero un soldo, e che invece straccia l’arrogante che doveva vincere per forza. Dalle lacrime di disperazione di Cristiano Ronaldo alle lacrime di gioia. Il perdente di successo che in quest’anno, nello sport come nella politica, trova imprevedibilmente il suo momento di riscatto.
E abbiamo ancora negli occhi le immagini del giubilo con cui il Leicester di Claudio Ranieri umilia i titolatissimi, i primi della classe, quelli che stanno sempre nei quartieri alti metropolitani del calcio della Premier. Lacrime, gioia, giubilo. È la leggenda dei poveri che fanno polpette dei miliardari, anche se i proprietari thailandesi del Leicester di soldi ne hanno molti, ma la favola del Davide contro Golia non ammette repliche. E Ranieri, scartato scioccamente da molte squadre di club italiane, diventa un eroe, l’outsider che conquista il trono mentre tutto il mondo si commuove. Come l’Islanda che fa a pezzi, proprio negli stessi Europei francesi che hanno visto in cima a tutti gli outsider portoghesi, l’Inghilterra tronfia e sicura di sé e tutto il mondo prende e prestito quel magnifico urlo da Vichinghi, un popolo grande e forte che però nella storia ha perduto e oggi ritrova una sua nuova giovinezza, nell’anno in cui sono ribaltati tutti i pronostici.
E chi l’avrebbe detto che le scelte di un papa outsider come Francesco sarebbero andate ai «preti di strada», come a Palermo, dove il vescovo nuovo ha scavalcato i candidati eccellenti del potere curiale, i predestinati del potere ecclesiastico, la nomenclatura che si è insediata da secoli nei vertici delle gerarchie vaticane e che oggi viene messa ai margini da un uomo come Corrado Lorefice, che ha un curriculum completamente diverso, eccentrico, particolare, da perdente buono per le testimonianze ma non per l’esercizio esperto e smaliziato del potere. E chi avrebbe davvero scommesso su una candidata a sindaco di Torino come Chiara Appendino, con un concorrente come Piero Fassino cui tutti riconoscono il merito di una buona amministrazione, mica come a Roma dove Virginia Raggi ha avuto la strada libera per il Campidoglio per le malefatte di chi l’ha preceduta? Chiara Appendino che dal nulla scala la Mole del potere cittadino, e i pronostici all’inizio erano tutti contro di lei, e dal niente si è arrivati alla conquista della fortezza torinese. E del resto si diceva, con in mano i sondaggi oramai bersaglio preferito del destino che si accanisce su chi si sente troppo sicuro di vincere, che Jeremy Corbin non ci sarebbe mai riuscito a espugnare i vertici del Partito laburista post Blair. E tra «gli analisti» (così sono definiti quelli che con lucidità e freddezza fanno scenari e previsioni regolarmente smentiti dai fatti, cocciuti e ottusi, ma pur sempre fatti molto più forti di ogni presunzione analitica) c’era la gara a fissare il punto esatto in cui si sarebbe arenato il treno in corsa di Donald Trump: finirà qui, ancora un paio di pimpanti primarie e poi il fenomeno si sgonfia, l’establishment repubblicano lo fermerà, eccetera eccetera. E infatti.
Nello sport. Nella politica. Con la vittoria di Brexit tutti i pronostici sono stati divelti, e anche con la vittoria a sindaco di Londra del musulmano Sadiq Khan un outsider fa un salto che qualche anno fa sarebbe stato impensabile: l’anno dell’underdog. E anche nella comunicazione, nell’arte, nel cinema. In Italia i mostri sacri sono un po’ in apprensione perché nelle sale trionfano film partiti senza la strapotenza dei grandi apparati come Lo chiamavano Jeeg Robot di Daniele Mainetti o Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese. Per Davide, contro Golia, nel 2016 sarebbe stato tutto molto più facile