Corriere della Sera, 9 luglio 2016
Sulle ambizioni di Tony Blair
La commissione Chilcot condanna Tony Blair e fa luce su uno dei capitoli più significativi della nostra storia contemporanea, la guerra contro l’Iraq. Sostenere la linea Bush è stato un grave errore strategico e ha rappresentato una evidente subalternità di Blair. Per entrambi è stato l’inizio della fine politica. Per il mondo è stata una scelta scellerata e, si apprende ora, non giustificata.
Gabriele Salini
gabriele.salini@gmail.com
Caro Salini,
Nelle due guerre irachene a cavallo del secolo scorso vi è stata fra Gran Bretagna e Stati Uniti una curiosa inversione delle parti. Nella prima (1991), scoppiata dopo l’invasione irachena del Kuwait, l’iniziativa fu di Margaret Thatcher; nella seconda (2003) l’iniziativa fu di George W. Bush. Ma in entrambi i casi la Gran Bretagna volle essere, nel momento delle grandi decisioni, al fianco degli Stati Uniti. Tony Blair fece una politica europea alquanto diversa da quella della Lady di Ferro, ma era convinto che la Gran Bretagna sarebbe stata tanto più ammirata e rispettata dai suoi partner al di là della Manica, quanto più avesse dimostrato di essere il solo alleato in cui gli Stati Uniti potevano riporre la loro fiducia. Il messaggio del 28 luglio 2002, con cui il Primo ministro laburista scrisse a Bush «Sarò con te, qualsiasi cosa accada», era il prezzo da pagare per garantire al Regno Unito uno statuto particolare, diverso da quello di qualsiasi altro Stato occidentale. Il rapporto della Commissione di John Chilcot (un alto funzionario dello Stato, membro del Consiglio privato della corona) sembra dimostrare che negli ultimi anni le relazioni della Gran Bretagna con gli Stati Uniti, come quelle con l’Unione europea, si sono incrinate.
Questa è l’occasione per ricordare, caro Salini, che Blair non fu il solo uomo di Stato a cui premesse cogliere l’occasione per dimostrare la propria lealtà a Washington. Fra i candidati vi fu anche Silvio Berlusconi, deciso a inviare in Iraq un corpo combattente. Ma il presidente del Consiglio italiano trovò sulla strada un doppio ostacolo. Il primo fu la posizione risolutamente contraria alla guerra assunta da Giovanni Paolo II. Quando l’Italia si riempì di bandiere arcobaleno, Berlusconi capì che avrebbe perduto il sostegno della pubblica opinione. Il secondo ostacolo fu il Quirinale. Il presidente Ciampi convocò il Consiglio Supremo di Difesa per una riunione che terminò con un comunicato in cui vi sono due punti decisivi: il corpo militare italiano non avrebbe partecipato ad azioni di guerra e la qualificazione della posizione italiana sarebbe stata quella di Paese «non belligerante». Il comunicato non risparmiò all’Italia l’orrore dell’attentato di Nassiriya, ma le permise di non essere complice di una guerra sbagliata.