Corriere della Sera, 10 luglio 2016
Renzi fa il punto su Italicum e referendum
Se al referendum vincessero i no gli italiani potrebbero pentirsi e scoprire, come gli inglesi dopo il terremoto di Brexit, che indietro non si torna: «Ove vi sia un no alla riforma costituzionale sarà molto difficile poterci mettere le mani per qualche decennio... Io non vorrei che qualcuno si sveglia e vuole tornare indietro». È l’avviso che Matteo Renzi lancia da Varsavia, dove ha annunciato il suo «silenzio stampa» sulla legge elettorale. Il capo del governo difende l’Italicum e al tempo stesso chiarisce che il Parlamento è «libero» di modificare le regole del gioco.
«È una legge molto buona, ma ora non ne parlo più – ha dichiarato Renzi in conferenza stampa —. Sulla legge elettorale non apro più bocca, è un tema nella disponibilità del Parlamento». Il gruppo del Pd alla Camera è in grande fermento, 113 deputati su 181 sondati dal Corriere hanno rivelato una gran voglia di modificare le regole del gioco e il leader, cui certo non sfuggono le mosse dei parlamentari dem, ricorda loro che per approvare un nuovo accordo servono i voti: «Se ci sono i numeri si può anche cambiare, io però non li vedo... Leggo di sondaggi di deputati disponibili a cambiarla, ma come? Chi vuole discutere, discuta, senza alcuna pressione da parte mia».
Gianni Cuperlo ha letto nelle parole del segretario una cauta apertura e ritiene «una buona notizia» leggere che il premier «rimette la questione nelle mani del Parlamento». Palazzo Chigi prende tempo. A chi invoca il Mattarellum, Renzi ricorda che «quando è stato proposto non c’erano i numeri». A chi teme il sorpasso dei 5 Stelle al ballottaggio risponde serafico che «il rischio sta dentro il gioco democratico». Le sue energie vanno per ora in un’altra direzione, il referendum costituzionale.
Maria Elena Boschi ha aperto la «battaglia per il sì al cambiamento» e il premier, senza più mettere in gioco il suo futuro politico, insiste sulla partita «cruciale per il futuro del Paese». La data? «A naso ottobre, non direi settembre e neanche sotto Natale». Forza Italia è furiosa all’idea che i quesiti vengano spacchettati, Paolo Romani avverte che «sarebbe un inganno». E Renzi: «Io sono per una scheda sola, ma se la Cassazione darà un altro giudizio, non avrò problemi». Sull’esito della sfida sa bene che «ci potrebbero essere risultati sorprendenti», ma dice di fidarsi del buon senso dei cittadini e questa volta sta attento a non personalizzare. Sia chiaro però, sottolinea, che «il referendum non è sulla legge elettorale» e che le due cose non sono legate. È il tentativo di confutare la teoria bersaniana del «combinato disposto» e infatti Roberto Speranza ribatte polemico: «Riforma e Italicum sono profondamente legati. È singolare come si continui a negare l’evidenza».
La Boschi chiama alle armi dirigenti e militanti. Da Napoli – dove ha debuttato Piero De Luca, il figlio del governatore campano, coordinatore scientifico di un comitato per il Sì – la ministra sprona i dem a impegnarsi «nelle strade, nelle piazze e non solo nei circoli del Pd», perché se la riforma non passa «resteremo nella palude di oggi». La strategia è chiara. Da una parte ci sono «i più grandi conservatori», che vogliono «lasciare le cose come stanno». Dall’altra gli innovatori, che sognano «un Paese più semplice, più stabile, più moderno».