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 2016  luglio 11 Lunedì calendario

Mistero sulla morte del capo ultrà della Juve e sul leader storico dei «Drughi» che è sparito

Alle domande del pubblico ministero, Raffaello Bucci, detto Ciccio, 41 anni, ha risposto in modo evasivo. L’ultrà bianconero, anello di congiunzione tra le tifoserie e la società, incaricato della distribuzione dei biglietti per le partite, nomi non ne ha fatti. I magistrati volevano che indicasse chi era al corrente che una cosca della ’ndrangheta gestiva il bagarinaggio allo stadio vendendo sottobanco tagliandi omaggio o scontati.
Le dichiarazioni generiche del tifoso, impiegato alla Telecontrol, hanno lasciato perplessi il pm Monica Abbatecola e il capo della mobile di Torino Marco Martino. Ma che Bucci abbia fatto scena muta o che sia stato reticente non lo ha creduto chi, subito dopo, o magari appena prima dell’interrogatorio, lo avrebbe minacciato. Questo, almeno, è il sospetto degli investigatori, che ora sono chiamati ad accertare perché, poche ore dopo la deposizione come testimone, Ciccio Bucci si sia gettato da un viadotto della Torino-Savona (lo stesso dove nel 2000 perse la vita Edoardo Agnelli, figlio dell’Avvocato).
L’operazione della mobile che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di 18 boss della locale di Santhià e che ha rivelato intrecci tra criminalità organizzata e tifoserie della società bianconera, oggi assume contorni tragici. Bucci non ha lasciato scritti, la polizia Scientifica sta analizzando i due telefoni cellulari che appartenevano all’ultrà. Questa mattina sarà disposta l’autopsia. Il pm ha chiesto al medico legale di verificare se la vittima abbia assunto droghe e se, sul corpo, siano presenti o meno segni di violenze precedenti a quel volo mortale.
Nell’ambiente della tifoseria non si commenta o lo si fa in forma anonima: «Da quando è morta sua mamma, Ciccio è cambiato. Si stava separando dalla moglie», circostanze, queste, confermate dal fratello della vittima, Gianni Bucci.
Il tifoso veniva considerato un testimone importane, come Dino Geraldo Mocciola, 52 anni, leader storico dei «Drughi» della curva bianconera, ma di lui si sono perse le tracce. È stato convocato in procura, ma non si è presentato. I poliziotti lo cercano da giorni, inutilmente.
«Non si vede da mesi – dicono i “Drughi” —, forse è in vacanza». O si nasconde. Nel suo passato c’è una condanna a vent’anni di reclusione per una tentata rapina avvenuta nel 1989 nel corso della quale fu ucciso un carabiniere.
Due testimoni: uno morto, l’altro scomparso. Entrambi decisivi per rendere esplicite le considerazioni del gip Stefano Vitelli che nella sua ordinanza scrive: «Non si può concludere senza fare riferimento al preoccupante scenario che vede alti esponenti di un’importantissima società calcistica a livello nazionale e internazionale consentire di fatto un bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultrà (“voi non create problemi... e noi vi facciamo guadagnare con i biglietti delle partite”). Avere consentito da parte di taluni responsabili della società juventina un sistema di questo tipo, ha determinato la formazione di un importante giro di facili profitti su cui (come non era difficile prevedere) hanno messo gli occhi e poi le mani anche le famiglie mafiose operanti in zona, creando un pericoloso e inquietante legame di affari fra esponenti ultrà e soggetti appartenenti a cosche mafiose». Ieri la società bianconera non ha voluto commentare.