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 2016  luglio 10 Domenica calendario

In dieci anni sono annegati 2.500 italiani

Mancanza di barriere nelle piscine, sorveglianza inadeguata, scarsa abilità al nuoto e poca consapevolezza dei pericoli. Oltre 2.500 persone in un decennio sono morte in Italia per annegamento nelle acque di piscine, mari, fiumi e laghi. E ogni anno, in particolare, a perdere la vita sono 9 bimbi sotto i 4 anni e circa 100 giovani, soprattutto se maschi e in condizioni economiche meno agiate. Morti in gran parte evitabili. A fare il punto su un problema che torna d’attualità in estate, è l’Istituto Superiore di Sanità nel rapporto «Incidenti in acque di balneazione: verso una strategia integrata di prevenzione degli annegamenti». 
Secondo i dati Istat agli inizi degli anni 70 si verificavano 1200-1300 annegamenti l’anno. Nel 1995 il numero era sceso a circa 400, una riduzione del 70% che «dimostra – secondo l’Iss – l’efficacia di una serie di misure preventive», come capacità di nuotare, ruolo degli organi di stampa nel far comprendere i rischi e sorveglianza nelle spiagge. Tuttavia, da allora il numero delle vittime è rimasto pressoché costante. E dal 2003 al 2012 sono morte per annegamento complessivamente 2.530 persone. Incidenti che si verificano soprattutto in spiagge con molta pendenza dei fondali, dove col mare agitato si possono formare pericolose correnti e buche, ma anche arenili senza sorveglianza e segnaletica. Promuovere un migliore controllo in acqua da parte dei genitori ed stendere la sorveglianza anche alle spiagge libere, sono soltanto alcuni degli obiettivi contenuti nel Piano di Prevenzione dell’Iss, che punta, nel triennio 2016-2018, a dimezzare la mortalità per annegamento in Italia e azzerare, in particolare, quella dei bambini.