MilanoFinanza, 8 luglio 2016
La nuova Banca Popolare di Vicenza sarà risanata e rilanciata senza spezzatini, ha detto Penati
La nuova Banca popolare di Vicenza, che ieri ha riunito l’assemblea degli azionisti per la nomina del nuovo board, ha il coefficiente patrimoniale più elevato in Italia (oltre il 13,5% il Core Tier 1), verrà risanata e rilanciata senza spezzatini. Lo ha spiegato ieri mattina Alessandro Penati, presidente di Quaestio Capital, il gestore del fondo Atlante che controlla il 99,3% dell’istituto veneto dopo aver sottoscritto l’intero aumento di capitale da 1,5 miliardi della banca per evitare il bail-in. Penati ha messo le sue considerazioni nero su bianco in una lettera, nella quale ha sottolineato con chiarezza «che il massiccio aumento di capitale è stato richiesto entro tempi certi dalle autorità di vigilanza. La mancata sottoscrizione dell’intero aumento di capitale avrebbe comportato l’imposizione del meccanismo di risoluzione; si sarebbero azzerati anche i risparmi degli obbligazionisti, imposti pesanti tagli di occupazione e una stretta creditizia», ha aggiunto il manager. Il fondo Atlante, ha spiegato Penati, «è nato proprio per scongiurare questa eventualità. E c’è riuscito. Non voglio in alcun modo minimizzare le sofferenze di tanti soci che hanno perso ingiustamente i loro risparmi; voglio solo rammentare che si era sull’orlo del precipizio. Ma ora la banca è in totale sicurezza».
A questo punto Penati si fa avanti e, riecheggiando la proposta di MF-Milano Finanza, conferma: «Posso già dire che mi impegno affinché i soci non avranno compromessi con le gestioni passate avranno in futuro diritto ad acquisire azioni a 0,10 euro, lo stesso prezzo pagato da Atlante, qualunque sarà in futuro il valore della banca. Questo diritto non costerà loro nulla. Assieme ad altre iniziative che la banca studierà, vogliamo ristabilire un clima di fiducia, prodromo di un circolo virtuoso a vantaggio di tutti».
Nelle sue considerazioni, Penati parla della «ventilata fusione con la Veneto Banca, di cui Atlante è diventato azionista di controllo. Prima anche solo di parlare di fusione bisogna completare l’opera di pulizia delle due banche e rimetterle in grado di camminare con le proprie gambe. Poi si vedrà quale sarà la migliore soluzione nell’interesse di tutti gli stakeholder». Il manager conclude con un «Ahimè c’è ancora molto da fare. Ma crediamo, con l’aiuto di tutti, di potercela fare».
Serviranno dunque diversi anni per risanare la Vicenza e poter riprovare a percorrere la strada della borsa. Al di là della lettera di Penati sono questi gli elementi più rilevanti emersi dall’assemblea dei soci e dalla conferenza stampa che si è tenuta al termine della riunione che ha anche nominato il nuovo board all’insegna della discontinuità. Accanto a Francesco Iorio, confermato ad, presidente è stato designato Gianni Mion, manager storicamente legato alla famiglia Benetton con vicepresidente Salvatore Bragantini. Assieme a loro nel consiglio Niccolò Abriani, Luigi Arturo Bianchi, Marco Bolgiani, Carlo Carraro, Rosa Cipriotti, Massimo Ferrari, e Francesco Micheli; resta in cda Alessandro Pansa, entrato nel luglio scorso, dopo essere stato ad di Finmeccanica.
Nel corso dell’assise, Iorio è stato fatto oggetto più volte di attacchi verbali anche veementi da parte di piccoli soci, che hanno visto azzerato il valore dei loro titoli. In particolare, all’ad. è stata contestata la fretta con cui Bpvi ha affrontato la trasformazione in spa e il contestuale addio al sistema di voto capitario. «I tempi erano stretti, avevamo chiari limiti temporali imposti dalla Bce», si è difeso il banchiere, ricordando che «incombevano rischi di risoluzione sia legati alla situazione di liquidità della banca sia al capitale».
Su esplicita richiesta di Quaestio, tra i primi dossier che il nuovo cda della Vicenza dovrà affrontare nei prossimi mesi c’è quello dell’azione di responsabilità da intentare al vecchio cda dell’era Zonin. Il tema potrebbe già essere affrontato in maniera preliminare in occasione del cda del 13 luglio. Su questo aspetto, Mion ha osservato che «c’e’ un sentimento diffuso a voler impiccare gente all’albero più alto della nave. Occorre pero’ agire con prudenza e non fare di tutte le erbe un fascio».
Nel frattempo, dal punto di vista operativo si intravedono segnali di ripartenza per l’istituto berico. Dopo una flessione accusata fino a metà maggio, la raccolta «si è stabilizzata e – in particolare nelle ultime settimane – è addirittura tornata a crescere», ha spiegato Iorio in conferenza stampa. Il difficile contesto di mercato degli ultimi mesi e i problemi di liquidità del recente passato che hanno impedito alla banca di spingere sul fronte commerciale portano tuttavia il capo azienda ad ammettere che «il piano necessita di una revisione», benché la banca sia oltre le più rosee aspettative sul fronte dei costi e della qualità del credito.
Iorio ha poi smentito alcune ricostruzioni di stampa secondo le quali quattro fondi statunitensi avrebbero bussato alla porta di Quaestio per rilevare in blocco Bpvi e Veneto Banca con l’obiettivo di fonderle. Il banchiere ha inoltre assicurato che non ci sono trattative in atto per smaltire parte delle sofferenze dell’istituto, partita su cui il nuovo socio di riferimento potrebbe però avere un ulteriore ruolo, accollandosele. «Vedremo in futuro che cosa si potrà generare con Atlante, che è una controparte molto qualificata», ha ammesso Iorio. Una delle due missioni del Fondo è in effetti di aiutare gli istituti di credito italiani a smaltire gli Npl. Il veicolo gestito da Quaestio puo’ destinare per questa funzione fino al 30% delle risorse finanziarie di cui dispone, complessivamente circa 4,3 miliardi di euro.
Dal canto suo, Mion ha ammesso che «serviranno molti anni per poter ripensare a un’ipo» dell’istituto. Bpvi aveva tentato di sbarcare a Piazza Affari nell’aprile scorso. Non aveva tuttavia ottenuto il semaforo verde da Borsa Italiana dopo che solo una manciata di fondi si era mostrata disponibile a sottoscrivere la nuova carta dell’istituto veneto (tra loro Mediobanca, advisor di Bpvi nel tentativo di approdo a Palazzo Mezzanotte, pronta ad accollarsi una quota del 5% subordinata alla buona riuscita dell’ipo). Mion ha infine detto che il cda farà considerazioni in futuro relative a un possibile cambio di denominazione della banca, «malgrado abbia fatto la storia».