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 2016  luglio 08 Venerdì calendario

L’Australia ci ha dichiarato guerra per dei pomodori

È scoppiata la guerra del pomodoro con l’Australia. L’Antitrust di Canberra ha imposto una raffica di dazi all’importazione per le conserve di pomodoro made in Italy. La decisione parte da un esposto presentato nel 2013 dalla Spc Ardmona, unica azienda australiana di trasformazione del pomodoro, di proprietà del gruppo multinazionale Coca Cola. Le indagini dell’Authority hanno condotto a una serie di pronunce. La prima nell’aprile 2014, sosteneva «l’esistenza di un pregiudizio all’industria australiana cagionato dalle importazioni in dumping» – cioè sotto costo – e imponeva un dazio fino al 26,35%. In particolare ad alcune aziende veniva riconosciuto un dazio ad personam: il 3,25% 3,25% a De Clemente Conserve e il 4,54% a Conserve Italia, alle 9 aziende definite «residuali» per l’entità del pomodori spediti in Australia una tariffa doganale media del 4,24, mentre per tutte le altre la percentuale saliva al 26,35%. In un primo tempo La Doria e Feger venivano risparmiate. Successivamente però l’Autorità decideva di riaprire l’istruttoria, probabilmente su pressione della Coca Cola, e appioppava il 4,5% a La Doria e l’8,4 alla Feger. Con l’ultima pronuncia, risalente allo scorso 11 febbraio, il Garante (si fa per dire) parlava di aiuti di Stato, definendo in questo modo i contributi della Pac erogati dall’Unione europea ai produttori italiani di pomodoro. «La decisione delle autorità australiane di imporre dazi antidumping sui pomodori conservati esportati dalle nostre aziende», spiega a Libero Giovanni De Angelis, direttore dell’Associazione italiana conserve vegetali, «è palesemente politica e trovare ragioni diverse dalla volontà di Canberra di agevolare l’unica azienda produttrice di derivati del pomodoro in Australia – è davvero difficile. Considerare applicabile la valutazione di sussidi all’agricoltura nell’ambito di una procedura di dumping è un precedente molto pericoloso per l’industria agroalimentare non soltanto italiana ma anche europea». E l’industria di settore si aspetta un intervento su Camberra da parte di Bruxelles: «Auspichiamo un’azione più incisiva delle autorità europee rispetto a quanto fatto in occasione delle precedenti indagini», conclude De Angelis.