Il Messaggero, 8 luglio 2016
«È pronto a menare le mani, ma per mandare via gli spacciatori da piazza del Popolo. In fondo ha l’animo buono». Breve ritratto di Amedeo Mancini, l’estremista accusato di aver ucciso Emmanuel Chidi
È da sempre considerato il bulletto della città. Manesco, prepotente, attaccabrighe. Amedeo Mancini, 39 anni, da ieri rinchiuso nel carcere di Fermo con l’accusa di omicidio preterintenzionale con l’aggravante razziale e dei futili motivi, ultimamente, almeno da un paio di anni, si era spostato su posizioni estremiste di destra e aveva preso nel mirino, lui lo nega ma così raccontano molti suoi conoscenti, gli extracomunitari. Li insultava quando li vedeva passare, li provocava. Come ha fatto con Chinyery, martedì pomeriggio. Non per razzismo, si fa notare. No. Lo faceva così, per passare il tempo. Anche una decina di giorni fa c’era stata una scazzottata tra lui un ragazzo di colore ma era finita senza conseguenze particolari.
COLLEZIONE DI DASPO
Allo stadio, a tifare la Fermana, negli ultimi anni si era visto poco dato che era stato colpito da diversi Daspo che lo avevano costretto fuori dalla curva e comunque, fanno sapere da ambiente vicini alla società, la definizione di ultrà per Amedeo Mancini è una forzatura. Primo perché non lo era, secondo perché parlare di ultras in una realtà piccola come Fermo, con la squadra da anni militante in categorie minori, è un’esagerazione.
Amedeo è orfano. Ha perso molti anni fa il padre e poi la madre che viveva con lui. Primo di tre fratelli («la sua famiglia è distrutta per quanto accaduto», riferisce il suo legale, l’avvocato Francesco De Minicis) gestisce da anni un’azienda agricola in contrada Storno, a Fermo, e vive di agricoltura, giardinaggio, alleva tori e tiene alcuni cavalli di terzi in custodia.
Ex pugile, con un passato complesso, non gli è mai piaciuto studiare, si è sempre fatto sotto, racconta chi lo conosceva bene, a colpi di prepotenze, prevaricazioni e umiliazioni fin da quando era ragazzo. «Anche se in fondo in fondo affermano i suoi amici ha l’animo buono. È pronto a menare le mani, sì, ma per mandare via gli spacciatori da piazza del Popolo». Sono in pochi ad accennare una difesa, nessuno comunque lo giustifica per quanto accaduto. «Se non avesse provocato con l’insulto razziale, non sarebbe accaduto quello che poi è successo», riflettono alcuni suoi coetanei in centro tra un caffè e la lettura dei giornali.
Tutto questo fino a ieri pomeriggio quando, stretto tra due poliziotti del commissariato di Fermo, sotto un sole battente, vestito con una t-shirt bianca e un paio di pantaloncini blu, sguardo a terra ma sempre da duro, è uscito con il decreto di fermo in mano, diretto in carcere.
IL LEGALE
«Oggi racconta l’avvocato Francesco De Minicis è distrutto dal dolore, dispiaciuto per l’insulto scimmia africana rivolto alla compagna di Emmanuel, una frase da cui sarebbe partita la lite. Non voleva uccidere, si è difeso da un’aggressione».
«Comunque scimmia è una parola che viene detta in giro anche da onorevoli spiega il legale in serata nel corso di un’intervista radiofonica alla Zanzara -, e i ragazzi pensano si possa dire e invece non si deve dire. Certamente, se questi signori politici usassero un linguaggio più contenuto persone che non hanno livelli culturali elevati non si sentirebbero liberi di dirlo».
Tra sabato e lunedì è attesa la convalida del fermo da parte del Gip. Oggi invece l’autopsia chiesta dalla Procura per fare piena luce sulle cause che hanno portato alla morte di Emmanuel. Un esame che potrebbe segnare le sorti processuali di Mancini e che la difesa seguirà con un suo consulente. «Deve pagare per quello che ha fatto concludono altri amici sul far della sera, quando le telecamere dei Tg nazionali si spengono e si preparano a lasciare Fermo la eco mediatica che ha avuto tutta questa storia è stata troppo grossa». Il sindaco Paolo Calcinaro, che in passato ha difeso nel suo ruolo di avvocato Mancini in qualche procedimento penale, ha proclamato per martedì il lutto cittadino. In serata è prevista una manifestazione in piazza del Popolo organizzata dalle associazioni, dalle organizzazioni sindacali per dire no alla violenza. Ci sarà tutta la città.