la Repubblica, 8 luglio 2016
L’addio all’Argentina, la condanna per frode fiscale e il Chelsea che lo vorrebbe a prezzo di saldo: la triste estate di Leo Messi
Il più forte di tutti è alla ricerca di un posto nel mondo.
Esule in patria, perseguitato dal fisco nella terra adottiva. Nei giorni in cui il suo rivale si prende tutto – Cristiano Ronaldo, vinta la Champions, è in finale europea col Portogallo e vede il prossimo Pallone d’oro -Leo Messi è un uomo solo, imprigionato della terra di mezzo, e neppure le vacanze alle Bahamas leniscono la sua tristezza. Ha annunciato il ritiro dall’Argentina, dopo la finale perduta in Coppa America con il Cile, la terza consecutiva dopo il Mondiale 2014 e la Coppa America 2015. E a Barcellona il tribunale lo ha condannato a 21 mesi di carcere, che non sconterà, e due milioni di multa per evasione fiscale, dopo che ne aveva versati 5 per regolarizzare la sua posizione e dopo che la procura si era dichiarata contraria al rinvio a giudizio. Una pena “esemplare”. «Contro di lui c’è stata una strana ostinazione dell’avvocatura dello Stato», ha detto il giurista spagnolo Xavier Canal. E adesso, con ciclica puntualità, cavalcando i guai giudiziari incontrati in Spagna con suo padre (ricorreranno contro la sentenza) e le presunte gelosie per il recente rinnovo di Neymar, i tabloid inglesi rilanciano la possibilità di un clamoroso addio alla Liga per giocare in Premier. Leo Mexit. La solita suggestione. Epperò ogni volta fortissima, irresistibile.
Secondo il Sun, Jorge Messi, il papà del numero 10, di recente sarebbe stato ospite a bordo dell’Eclipse, lo yacht di Roman Abramovich. E il patron del Chelsea avrebbe sondato la disponibilità a un clamoroso trasferimento. Sul piatto, un ingaggio da 700mila euro a settimana (all’incirca i 36 milioni di euro l’anno che percepisce attualmente dal Barcellona) e un’offerta di 130 milioni al club catalano per lasciarlo partire. Un regalo di benvenuto niente male per Conte. L’altro club interessato a Messi è il Manchester City, che già alcuni mesi fa aveva provato a offrirgli 900mila euro alla settimana, 48 milioni netti l’anno. Ma Pep Guardiola, il nuovo allenatore dei Citizens, è il primo a non credere a una clamorosa reunion con Leo: «Messi non lascerà il Barcellona». Il giochino è accattivante, si ripropone periodicamente: è economicamente sostenibile l’acquisto di Messi? Non ai 250 milioni della clausola rescissoria, a cui peraltro andrebbe aggiunta l’Iva (e il fisco spagnolo potrebbe chiedere al giocatore le imposte anche su questo movimento di denaro).
Spiega Giovanni Palazzi, presidente di StageUp, società di analisi e consulenza: «Premesso che è il giocatore a decidere, l’operazione inciderebbe sul conto economico per almeno 120 milioni ogni anno: 70 di ingaggio lordo, 50 per l’ammortamento, ipotizzando un contratto quinquennale. In linea teorica, l’impatto potrebbe essere sostenuto solo da club con almeno 400 milioni di fatturato: Real, United, Bayern, City, Psg, Arsenal, Chelsea. City, Psg e Chelsea sono quelli con migliore provvista finanziaria. Ma tutti sono talmente ricchi che l’arrivo di Messi avrebbe un’incidenza marginale sulle entrate. Realisticamente, il giocatore potrebbe andar via solo se il Barcellona lo cedesse a 100-120 milioni: allora l’investimento sarebbe sostenibile. In questo momento l’immagine del campione è appannata. E in Inghilterra c’è una minore tolleranza rispetto ai paesi mediterranei sull’evasione fiscale».
A quelle cifre, insomma, il più forte del mondo resta un giocatore incedibile. Il Barça si è già schierato in difesa del suo genio, offrendo «tutto il proprio supporto a lui e suo padre». Il contratto, ritoccato due anni fa, scade nel 2018.