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 2016  luglio 08 Venerdì calendario

«A Hamilton invidio solo l’aereo privato». Intervista a Sebastian Vettel

«Dobbiamo ammetterlo: il distacco dalla Mercedes c’è ancora». Non è una resa, Sebastian Vettel non si rassegnerebbe mai, ma questo è lo stato delle cose. Rabbia e paura per lo scoppio della gomma domenica scorsa a Zeltweg sono passate. «Ripartiamo da qui. Silverstone è una pista che mi piace, possiamo fare un bel risultato». Intanto, però, Nico Rosberg e Lewis Hamilton litigano, vincono, poi litigano ancora, si scontrano, continuano a essere in testa e il team addirittura minaccia di sospenderli al prossimo incidente. «Chiedete a loro, a me non interessa, non sono fatti miei», taglia corto il pilota tedesco. 
Non le interesserebbe neppure se la coppia scoppiasse e uno dei due bussasse in Ferrari a fine anno?
«Si sentono nomi nuovi quasi tutti i giorni. A che cosa servirebbe commentarli?».
Se il nome fosse quello di Lewis Hamilton potrebbe fare un’eccezione: se lo vede come compagno di squadra?
«Lo conosco da tanti anni eppure so poco di lui. Credo che i nostri stili di vita siano piuttosto diversi, diciamo pure opposti. Per il resto non avrei nessun problema a confrontarmi in pista con lui. Eviterei solo certi paragoni: Senna e Prost non erano grandi amici da ragazzi quando correvano sui kart come Lewis e Nico. Mi sembra una bella differenza».
Se lei fosse stato l’arbitro a chi avrebbe dato ragione in Austria?
«È stato un incidente di gara come tanti, reso speciale dal fatto che i due sono compagni di squadra. Non è certo la prima volta che delle macchine si scontrano».
Il suo rapporto con Kimi Raikkonen è sempre buono?
«Sì, sarei felice se restasse. È corretto, trasparente, abbiamo un buon feeling».
A proposito di paragoni importanti: Schumacher impiegò cinque anni prima di vincere il titolo con la Ferrari.
«Non penso ai numeri, ma mi fa piacere che me li ricordiate, così posso concentrarmi sul lavoro. Ho accettato questo progetto con entusiasmo: l’obiettivo è quello di tornare al successo con la Ferrari nel più breve tempo possibile».
Germania-Italia, un match oltre lo stadio. Come sta un tedesco in un team italiano?
«Ci sono aspetti complementari nella cultura tedesca e in quella italiana: la loro unione è un grande punto di forza. E poi c’è il cibo: il nostro di solito è terribile, e quando non è terribile di certo non può competere».
Domenica scorsa era il suo 29° compleanno: che regalo ha chiesto ai suoi ingegneri?
«Mi sarei accontentato di una bella gara. E lo è stata, peccato che sia finita così presto!».
Le squadre a un certo punto decidono se continuare a spingere fino all’ultimo oppure dirottare energie e risorse sulla stagione successiva: se le chiedessero un consiglio, che cosa risponderebbe?
«Bisogna uscire da questa visione un po’ statica. Se ti concentri sul 2016 non è che non riesci a pensare e lavorare sul futuro. Abbiamo gente intelligente che saprà sfruttare domani il lavoro che svolgiamo adesso, anche se le regole cambieranno. Ritengo che si riescano fare entrambe le cose».
Che effetto le fanno le critiche al team principal Maurizio Arrivabene?
«Onestamente le trovo ingiuste. È un leader, cerca sempre di caricare la squadra e ha una grande passione».
È domenica mattina, manca un’ora alla gara: qual è la sua routine?
«La mattina è piena di impegni quindi mi rilasso un momento, faccio esercizi di allungamento e riscaldamento e ascolto la mia canzone preferita, “The Pretender” dei Foo Fighters. Poi mi metto la tuta, vado ai box e mi metto al volante per il giro di installazione».
Ce l’ha un sogno costoso da realizzare?
«Costoso quanto? Un aereo come quello di Hamilton non posso permettermelo... Ecco, mi piacerebbe portare gli amici a fare un bel viaggio tutti insieme».
Sia sincero: quanto tempo servirà alla Ferrari per raggiungere la Mercedes?
«Che ora è adesso? Spero già domani mattina! Realisticamente dobbiamo tenere presente da dove siamo partiti e dove siamo ora: c’è stato un passo avanti enorme, ma non saremo soddisfatti fino a quando non arriveranno i risultati».