Il Messaggero, 7 luglio 2016
Quell’intervista con Fidel lunga una settimana
«Una conversazione con Castro è un’esperienza straordinaria e, finché non ci si abitua, la più snervante è uno degli oratori più appassionati di tutti i tempi». Così il fotoreporter americano Lee Lockwood commentava la loquela di Fidel Castro, dopo mesi di attesa per un’intervista, poi durata sette giorni. Era il 1965. Più che un’impresa giornalistica, si trattò di un’indagine titanica e approfondita – unica – dell’universo del Líder Máximo, tra ideologia e stile di vita, politica e abitudini quotidiane. Quell’impresa rivive oggi, a poche settimane dal novantesimo compleanno di Fidel, nel monumentale volume Castro’s Cuba. An American Journalist’s Inside Look at Cuba 1959-1969, edito da Taschen, che riporta l’intervista di Lockwood in lingua originale, con gli scatti che questi dedicò a Fidel e all’Isola – inclusi 200 inediti – nel tentativo di restituire le atmosfere del periodo.
Un documento straordinario. Lockwood aveva ventisei anni la prima volta che arrivò a Cuba – era il 31 dicembre 1958 – conobbe Fidel a gennaio, poco prima che prendesse il potere. Forse fu la sua determinazione a farlo entrare rapidamente nella cerchia degli amici di Castro. O forse il desiderio del Lider di studiare da vicino i media americani. Di certo, contarono rispetto e pazienza. Nel corso degli anni Lockwood si recò più volte a Cuba. Nel 1965 Castro gli promise un’intervista. Alle sue condizioni, però. Il reporter avrebbe potuto frequentare la sua casa, stare con lui, fotografare ciò che desiderava, ma senza fare pressioni per l’intervista.
SENZA LIMITI
Passarono oltre tre mesi prima che l’americano riuscisse a porgli le sue domande, poi Castro si mise seduto e iniziò a parlare. Di tutto. Per sette giorni. Agricoltura, industria, potere, crisi missilistica, scena internazionale, dottrina: non si tirò indietro davanti a nessun interrogativo e anzi rispose dilungandosi su ogni tema. Nessun limite pure alle foto. Fidel compare acclamato dalla folla in piazza, ma anche rilassato in veranda, mentre gioca a ping pong o si intrattiene con alcuni sub parlando delle sue immersioni. E, in quello che lui stesso definisce dovere di ogni rivoluzionario, mentre fa la rivoluzione. Giorno dopo giorno, conquistando un popolo. E più di un immaginario.