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 2016  luglio 07 Giovedì calendario

Alla prima salita del Tour Nibali si chiama fuori

Se non altro, in casa Astana adesso è chiaro il nome del capitano e pure quello della guida esperta. Aru arriva nel gruppetto dei migliori, da cui mancano due facce note: Contador lascia per strada 33”, Nibali circa 8’. Che sono tantissimi, in rapporto alle salite, durette ma non durissime, e al primo caldo. Nibali ha perso contatto contemporaneamente a Sagan, quasi in cima al Pas de Peyrol, 30 km al traguardo con altre due salite meno impegnative ancora da scalare. Sarebbe eccessivo dire che Vincenzo oltre il traguardo abbia la faccia allegra, ma anche dire che è addolorato, triste o contrariato. Uomo del sud atipico, patisce il caldo e non il freddo. Caldo e salite, ecco l’accoppiata che lo relega in un anonimato, da cui gli toccherà uscire. «Non seguivo il ritmo, perdere 5’ o un quarto d’ora era la stessa cosa. Non ho voluto forzare. Devo ritrovare le gambe del Giro. Ma il risultato di oggi non cambia il senso della mia partecipazione. Sono venuto per aiutare Aru e lo aiuterò. E, si presentasse l’occasione, cercherò di vincere una bella tappa». Per Paolo Slongo, preparatore atletico, «se si ha nel mirino l’Olimpiade non si può venire al Tour per curare la classifica, tanto più dopo un Giro faticosissimo. L’abbiamo detto prima dell’inizio che gli obiettivi erano due: aiutare Aru e preparare Rio».Un Nibali fuori classifica può trovare disco verde sulle Alpi, o prenderselo. Ma per aiutare Aru dovrà andare un po’ più forte in salita. «Credo di riuscirci». Aru, intanto, continua a fare percorso netto e non è preoccupato per il rendimento di Nibali: «Vincenzo mi aiuta anche quando parliamo a tavola, quando siamo in gruppo. Oggi il finale è stato duro, ad alta velocità. Quando ha attaccato Bardet potevo seguirlo ma ho preso tempo, mi sono mosso quando s’è mossa la Sky».
Sky e Movistar si muovono come si conviene alle squadre dei due principali favoriti. Nella Movistar Valverde non corre da fedele gregario di Quintana. Tutti i galletti francesi non hanno perso piume, Van Garderen è sempre lì. La classifica non si gioca sui secondi ma sui minuti, più di 5 a favore di Greg Van Avermaet, 31 anni, calciatore mancato (a 17 anni era portiere di riserva del Beveren, serie A belga) e passista riuscito. Ha vinto la Parigi-Tours nel 2011, ha raccolto piazzamenti di rilievo nella Roubaix, nel Fiandre. A Rodez, l’anno scorso, ha battuto allo sprint un distratto Sagan, in cima a una salitella. Anche nelle brevi corse a tappe può dire la sua, vedi Tirreno-Adriatico, vinta quest’anno. Poi s’è rotto la clavicola destra al Giro delle Fiandre ed era normale puntare sul Tour. Tappa e maglia, bel colpetto: oggi la dovrebbe conservare, è un traguardo per velocisti, e sui Pirenei chissà.
L’unica fuga della giornata parte da lontano: Van Avermaet, De Gendt, Grivko, Pauwels, Sicard, Gautier, Huzarski, Vichot e Majka. Il gruppo boccheggia in un paesaggio verdissimo e non vede l’ora di concedere un quarto d’ora alla fuga. Che si spezza: se ne vanno i primi tre, poi cede Grivko e in testa restano due fiamminghi. Sembra favorito De Gendt, che è più scalatore. Al Giro aveva vinto, con una lunga fuga solitaria, la tappa del Mortirolo e dello Stelvio, non può patire queste impennate del Massiccio Centrale, dal fondo rugoso. Invece sì, oppure patisce lo scatto di Van Avermaet quasi in cima al Perthus, 15 km al traguardo. Una passeggiata trionfale, De Gendt gli rende 2’34”. Terzo Majka, quasi in volata sul gruppetto dei migliori, anticipato da Rodriguez. Tra quelli più svegli da segnalare Alaphilippe, Barguil, Bardet, più sulle loro Pinot e Rolland. La Francia non ha mai avuto tanti aspiranti al podio, solo pochi anni fa era ambitissimo un piazzamento nei dieci, poi nei cinque. La sensazione, che comunico a mio rischio perché è troppo presto, è che i primi due gradini siano prenotati da Froome e Quintana, in ordine alfabetico. Contador, molto incoraggiato dal pubblico, ha l’attenuante delle cadute, continua a sentir dolore, ed è difficile assegnargli un ruolo, al momento.
Torno su Nibali per la conclusione. Non ricordo tanta serenità dopo aver buscato un ritardo del genere. Si può chiamare anche sollievo. È vero che i piani erano stati annunciati con chiarezza alla vigilia, ma era logico aspettarsi una resa dei conti più lontana nel tempo, magari ad Arcalis. Com’è logico aspettarsi una condotta leale di Nibali nei confronti del giovane capitano. Questo non è in discussione. Il dubbio è un altro: o crescono Kangert, Fuglsgang, lo stesso Nibali, o sulle salite vere Aru sarà privo di appoggi. Per lui, finora, «va tutto bene». Ha l’alibi dell’esordio, altro non può dire e, per quel che riguarda le sue risposte sulla strada, effettivamente va tutto bene.