la Repubblica, 7 luglio 2016
L’inchiesta sulla mafia e l’Expo di Milano
Franco Vanni per la Repubblica
Undici arresti, eseguiti ieri all’alba dalla Guardia di finanza. L’accusa è associazione per delinquere, volta a favorire gli interessi di Cosa nostra in Fiera Milano e Expo 2015. Al centro del sistema, che in tre anni ha affidato lavori all’oscuro del fisco per 18 milioni, c’erano la società di allestimento Nolostand Spa, controllata da Fiera e ora commissariata, e il consorzio Dominus Scarl, il cui titolare di fatto era Giuseppe Nastasi. È il principale indagato, con il suo collaboratore Liborio Pace e Danilo Tipo, avvocato a Caltanissetta. Con fatture false, le società creavano fondi neri, poi in parte trasferiti alla famiglia mafiosa di Pietraperzia, in provincia di Enna. Fra gli appalti che il consorzio Dominus Scarl si è accaparrato, anche l’allestimento in Expo della passerella e dei padiglioni di Francia, Qatar, Guinea equatoriale e di Birra Poretti. Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, che ha condotto le indagini con i sostituti Paolo Storari e Sara Ombra, precisa: «Non sono individuate responsabilità penali in capo a Ente Fiera o a Expo». Ma invita a leggere il commissariamento di Nolostand come «un messaggio ai grossi gruppi, per dire “guardate che con comportamenti colposi state consentendo infiltrazioni mafiose”». Nastasi, in passato già arrestato (e assolto) per associazione per delinquere, in Fiera aveva un ufficio. Il procuratore capo Francesco Greco ha sottolineato «la stretta interconnessione tra organizzazioni criminali mafiose e criminalità economica». L’intenzione dei magistrati è portare a giudizio gli arrestati nel più breve tempo possibile. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, già commissario Expo, commenta: «La battaglia per la legalità non deve fermarsi mai. Abbiamo lavorato e stiamo lavorando per proteggere la città da infiltrazioni malavitose e rischi di corruzione». Il governatore Roberto Maroni parla di «occasione per fare luce su zone d’ombra nella gestione di Expo». E aggiunge: «Voglio capire cosa c’entra la Fiera», di cui la Regione detiene quote. Il Movimento 5 Stelle attacca: «Maroni e la combriccola di Expo Mafia Free, da Sala al prefetto, hanno attuato politiche contro l’infiltrazione mafiosa inadeguate e in ritardo». Rosy Bindi, presidente della Commissione antimafia, ricorda: «Lanciammo un’allerta su appalti e concessioni di Expo 2015 Spa. Le infiltrazioni ci sono state dove si sono allargate le maglie».
Emilio Randacio per la Repubblica
Borse della spesa piene di denaro. Tagli da cinquecento, cento, ma anche da cinquanta euro. Stipati dentro auto, mimetizzati perfino in un canotto gonfiabile, che da Milano partivano con destinazione Pietraperzia, Enna. Linfa per alimentare i guadagni di Cosa nostra. Frutto di una serie di società di facchinaggio e trasporti, che hanno ottenuto 18 milioni di euro di appalti in tre anni da Fiera Milano spa, nonostante gli imprenditori fossero in odore di mafia. Un’indagine che ha permesso di scoperchiare «la commissione di reati anche grazie a una serie di gravi superficialità da parte di soggetti del mondo dell’imprenditoria e delle libere professioni ». Un meccanismo «che è stato reso possibile da amministratori di aziende di non piccole dimensioni, consulenti, notai e commercialisti che in sostanza non hanno voluto vedere quello che accadeva intorno a loro».