la Repubblica, 7 luglio 2016
Il demonizzato Berlusconi è stanco e vecchio. I demonizzatori si facciano qualche domanda
Berlusconi stanco, segnato, vecchio. Come tutti. Come è ovvio che accada. Eppure si prova un certo stupore; come se davvero, all’epoca, dentro di noi si fosse fatta strada una mezza idea di invulnerabilità, e dopo avere sorriso delle minchiate a gettone del suo staff medico (è immortale! ha vent’anni! vivrà almeno fino a centoventi!) avessimo comunque coltivato il sospetto, nei recessi della nostra psiche, di una sua eternità demoniaca. Ecco, demoniaca. Si dice del resto “demonizzare” quando si teme oltre la misura e oltre il lecito qualcosa o qualcuno. Il demonizzato avrà poi modo di dolersi oppure di inorgoglirsi di questo suo ruolo, comunque eccessivo, comunque immeritato. Sono affari suoi. Magari uno è anche contento, di essere trattato da diavolo da esorcizzare o da idolo da abbattere.
Ma è ai demonizzatori che tocca farsi le domande meno comode, meno gratificanti. Una: quante energie ci ha consumato, tenerlo d’occhio giorno e notte, e dunque quante ne ha sottratte ad altre attività più utili e fattive? Due: sopravvalutare un nemico non è anche sottovalutare se stessi? Perché alla sua smisurata, puerile fiducia in sé abbiamo dato tanto credito da prenderla (noi per primi) così sul serio?