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 1916  gennaio 02 Domenica calendario

Noterelle Teatrali

Il Santo Stefano alla Scala e al Costanzi
Mentre in tutti gli altri paesi in guerra i teatri tacciono, o quasi, l’Italia dà prova di poter essere a un tempo «la terra dell’armi» e quella «dell’arte e dei carmi». Mentre i soldati nostri continuano la loro ardua e magnifica opera sul Carso e sulle Dolomiti, nelle città la vita continua il suo ritmo inalterato, e Santo Stefano schiude i battenti della Scala per la solita grande stagione d’opera. Santo Stefano di guerra, certo, per ciò che riguarda la grande esposizione di supremo lusso femminile, che quest’anno sarebbe sembrata di cattivo gusto; pure il teatro, affollatissimo, aveva un aspetto molto elegante, ove mettevano la nota d’attualità le uniformi grigio-verdi degli ufficiali; mentre poi, per ciò che riguarda l’interesse musicale della serata, il Santo Stefano di guerra è rimasto degnamente nella tradizione dei suoi fratelli più placidi. La stagione si aperse, forse in omaggio alle alleanze, con un’opera russa, Il  principe Igor di Borodine. il grande musicista così ammirato dai cultori della musica sinfonica. Il successo complessivo dell’opera fu eccellente. Certo il libretto (scritto dallo stesso Borodine sulla traccia d’un antico poema, e bene tradotto dal Lega) ha in sé qualche cosa di inorganico, e di non abbastanza serrato, che si riflette qua e là anche sulla musica; ma ciò non toglie che vi sieno scene e contrasti drammatici di grande effetto, dai quali il musicista ha saputo trarre meraviglioso partito. La sconfitta e il ritorno trionfale del principe Igor, il dolore della sua sposa Jaroslavna, gli amori di suo figlio Vladimiro con la giovinetta principessa dei tartari, le orgie e i raggiri del principe Galitzky hanno di continuo come sfondo il movimento della folla testimone e partecipe; e il Borodine su questa traccia ha svolto dei quadri sempre interessantissimi, talvolta di imponente ampiezza, talvolta di effetto immediato e potente. Così la scena bacchica, così il drammatico duetto fra Jaroslavna e Galitzky, così il delizioso canto di Kouthakovna, il duetto di questa con Vladimiro, e le abbaglianti danze al finale del secondo atto, finale dove il successo ebbe il suo punto culminante. Le reminiscenze di Wagner e di Berlioz, che si notano qua e là, non diminuiscono che lievemente il valore dello spartito, ispirato, ricco di melodia, di espressività, di colorito nazionale; 1’istrumentazione, scritta come si sa dagli amici illustri e devoti dell’autore, Glazunoft e Rimskv Korsakoff, è veramente bellissima. Ottima, in complesso, l’esecuzione, benissimo diretta dal maestro Marinuzzi e dal maestro Romeo: si distinsero sulla scena il baritono Denise, protagonista, il tenore Schipa, la contralto signorina Anitua; la signora Della Rizza (Jaroslavna). Ottimi come di consueto i cori. I costumi, bellissimi; le scene, create secondo il gusto moderno, ammirate e discusse. In complesso, eccellente principio di stagione.
Anche al Costanzi di Roma, la stagione fu inaugurata con un’opera russa, Boris Godunow, di Moussorgskv. L’opera, nell’interpretazione efficacissima del baritono Giraldoni, riebbe il successo trionfale che decretò il pubblico della Scala anni or sono nella prima rappresentazione del meraviglioso spartito in Italia.
Lucien Guitry In Italia. A Milano, a Genova e Roma, Lucien Guitry, il grande attore francese, «il più grande attore francese»» dicono alcuni, ha dato un breve ciclo di rappresentazioni. Certo, la superba sicurezza dell’artista, la  finezza che non esclude la forza, gli effetti raggiunti senza alcuna ricerca plateale, tutto ha contribuito a far che Lucien Guitry compisse a grado a grado la completa conquista del pubblico italiano, che lo ammirò ugualmente in tutte le sue interpretazioni, da quella della  Tribuna del Bourget a quella della Griffe del Bernstein, sotto l’aspetto aristocratico dell’Emigré, o in quello brutale e violento del moderno Sansone, eroe della Borsa.