L’Illustrazione Italiana, 2 gennaio 1916
Barzini e De Amicis
L’evoluzione del giornale, trasformatosi in una gigantesca cronistoria mondiale per opera del telegrafo e del telefono, ha creato una nuova arte letteraria, vorrei dire quasi un nuovo «genere letterario» se Benedetto Croce me lo permettesse; intendo parlare della letteratura dell’«inviato speciale». Ma Benedetto Croce avrebbe perfettamente ragione d’impedirmi di separare questa nuova attività artistica dalle altre, rinchiudendola nella vecchia cornicetta del «genere», poiché essa si riallaccia per sfumature invisibili ad altre forme precedenti. Infatti si può ben dire che Edmondo De Amicis sia stato il vero precursore degli «inviati speciali», e non vale osservare che le sue descrizioni non venivano telefonate a qualche quotidiano, ed erano invece scritte per la forma austera del libro. Il fatto è che egli dimostrava viaggiando le qualità più caratteristiche del giornalista.
Nella forma della «corrispondenza speciale», quale oggi la conosciamo, si distinse subito fin dai primordi, ed è rimasto caposcuola, Luigi Barzini. Se io facessi qui uno studio letterario invece di una recensione, potrei facilmente mostrare quali sono le qualità che riallacciano Luigi Barzini all’immortale descrittore di Costantinopoli, della Spagna, dell’Olanda.
Poiché quali sono le qualità specialissime dell’inviato speciale, e che Luigi Barzini possiede al più alto grado?
Sensibilità sintetica; sensibilità coloristica; evidenza nel riprodurre.
Per sensibilità sintetica intendo la facoltà di cogliere, fra la materia bruta di tutte le cose che ci son passate dinanzi agli occhi, e di tutte quelle che si sono udite, quel tale episodio o quella frase che sembrano conchiudere in sé tutta la commozione di un avvenimento, tutta l’anima d’un paese, tutto il significato di un momento storico. La sensibilità coloristica aiuta 1’«inviato speciale» a vedere il lato pittoresco di ciò che gli sta sotto gli occhi, e l’evidenza nel riprodurre e quella facoltà che, sia sia pure spronata da un pizzico di fantasia, gli permette di portare il lettore sul luogo dell’azione, di fargli vivere il fatto o di farlo vivere nel luogo di cui la corrispondenza si occupa.
Ad un uomo squisitamente dotato di tali facoltà sensitive doveva certo l’immane conflagrazione europea dare magnifici argomenti di descrizione. Onde bene ha fatto la casa Treves a riunire gli scritti di Luigi Barzini perché avessero una vita più duratura di quella così effimera concessa loro dalla apparizione quotidiana del giornale. (1)
Da l’Annuncio sui mari, da quello spaventoso annuncio che, lanciato dalle stazioni radiotelegrafiche ultrapotenti, sugli oceani, fece in venti minuti il giro del mondo, gettando il formidabile allarme su tutti i continenti, e che Luigi Barzini raccolse in navigazione nella solitudine sconfinata dell’Atlantico, noi seguiamo, palpitando, lo scrittore attraverso la Francia in armi, traversiamo i campi della Marna, assistiamo al martirio di Soissons, a tutta la sanguinosa agonia del Belgio, alla disperata morte di Ypres, lo seguiamo nell’Yser, poi nella foresta delle Argonne ove il primo sangue italiano fu versato, avanguardia della rossa esplosione d’ardore che dovea metter l’Italia dinanzi al proprio avvenire.
Le pagine di questi volumi attraggono violentemente chi non conosceva le impressioni di Luigi Barzini; ma volentieri le rilegge anche chi le aveva scorse troppo rapidamente, facendo colazione, o andando in tram ai propri affari, sulle pagine del’giornale. Cosi, concluse – nella forma del libro, esse acquistano un altro valore,un senso di continuità, divengono un quadro più definito della maggior tragedia che abbia mai pesato sull’umanità.
Nota: 1) Scene della grande guerra viste da Luigi Barzini (Milano, Treves, 2 volumi, L.7)