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 2016  luglio 05 Martedì calendario

A Giancarlo Perna hanno tolto il passaporto per due multe pagate, ma dato che Equitalia non ha aggiornato il casellario il suo viaggio e i suoi diritti di libertà sono andati a farsi benedire. Vi sembra normale?

La storia non è un granché, trattandosi di un passaporto negato. Dovrei essere frustrato perché l’Autorità mi ha impedito un viaggio cui tenevo. Ma sono euforico perché – non succede mai – tutte le ragioni sono mie e il torto marcio è di questo Stato, specialista in angherie.
Dunque, a metà maggio ho chiesto il rinnovo del passaporto. L’ho fatto al commissariato di zona, Parioli-Salario, Roma Nord dove vivo. «Torni tra dieci giorni lavorativi e avrà il nuovo documento», mi dice la signora agente dopo avermi preso le impronte digitali delle due mani, con esclusione, mi sembra, dei mignoli. Dopo una settimana, telefona invece il commissariato per avvertire che sono emersi problemi collegati al mio casellario giudiziario. «Parliamone a voce», dice, tra l’imbarazzato e il misterioso, la signora agente. «Casellario giudiziario?», e mi avvio con lo stato d’animo del pregiudicato.
Ho subito pensato che gli intoppi fossero legati alle mie pendenze tribunalizie come giornalista. Insomma, le querele per diffamazione che, se anche vecchie di decenni, hanno effetti eterni come scorie nucleari. Mi riceve, invece della signora, un funzionario maschio e conferma la mia ipotesi. «Da verifiche incrociate risultano non pagate due multe per condanne in reati di stampa. Finché non salda, niente passaporto», dice lui. «A quanto ammontano?», chiedo io. «700 euro una, 300 l’altra», risponde. «A quando risalgono?», domando. «Le condanne sono del 2004 e 2005, gli articoli cui si riferiscono del 1997 e del 1998», mi dice leggendo un foglietto. «Sono sicuramente pagate – obietto -. I giornali queste cose le fanno subito appena ricevono l’ingiunzione del tribunale». «O lei dimostra il pagamento o io non le rilascio il passaporto». Avrei da obiettare, ma lascio correre per accertare prima lo stato delle cose. «Ci risentiamo». Com’ero certo, i 300 e 700 euro sono stati già pagati da mesi, appena giunta l’ingiunzione. Per appurarlo, con i pochissimi dati forniti dal commissariato – data della sentenza e il tribunale milanese che l’ha emessa – ho impiegato settimane nonostante l’aiuto degli uffici legali dei giornali. Uso il plurale perché, dopo ricerche, è venuto fuori che gli articoli incriminati erano stati pubblicati da giornali differenti, un settimanale e un quotidiano.
Ma torniamo al punto. Com’è che, nonostante il pagamento da lunga pezza, il debito campeggia ancora in casellario? Un tempo erano i tribunali interessati a sollecitare i pagamenti con i propri uffici Recupero crediti. Pagavi e, in tempo reale, l’ufficio procedeva alla cancellazione in casellario. E tutto finiva lì. Dal 2008 – così mi spiegano – si è invece inserita nella procedura Equitalia, esautorando gli uffici giudiziari. Ora è codesta benemerita istituzione che mette a ruolo, ingiunge, ecc. Con due conseguenze – mi dicono – tutte negative per noi. I costi sono aumentati per notifiche e ammennicoli e si sono moltiplicati disguidi come quello capitato a me. Pare infatti che Equiltalia, dopo avere avvertito i tribunali dell’avvenuta riscossione del credito, proceda però all’effettiva contabilizzazione solo ogni semestre. Nel frattempo, la pendenza resta in casellario come se il pagamento non fosse avvenuto. Un classico dell’incuria amministrativa. Nel mio caso, il debito estinto a febbraio, a maggio appariva ancora. Ora che è passato il semestre e siamo a luglio, se è andata bene, il casellario risulterà pulito. Ma la frittata è fatta perché intanto è sfumato anche il mio viaggio e, al momento, a me il nuovo passaporto serve quanto un soldo bucato. Ho saputo pure che a Milano i commissariati ormai consapevoli della farragine si comportamento diversamente dai miei poliziotti romani. Se, nell’imbastire la pratica passaporto, risulta un casellario sporco per sciocchezze tipo la mia, telefonano direttamente al Recupero crediti del tribunale. Quando l’ufficio conferma che il debito è pagato, se ne infischiando del casellario e consegnano al cittadino il documento senza fare pagare a lui le falle del sistema. Tralascio che, per inefficienza, anche la modernità dell’incrocio dati si rivolta contro di noi. Ma mi chiedo come sia eticamente tollerabile che si metta sullo stesso piano una piccola multa e un diritto di libertà: quello di uscire dai confini e viaggiare nel vasto mondo. Chi ha un debito e non paga si aspetta un pignoramento. Che c’entrano il passaporto e il mio diritto costituzionale di muovermi? C’è – mi chiedo – una legge, un atto del Parlamento, che autorizzi un commissariato a inchiodarmi perché devo allo Stato mille euro o è solo invenzione di mezzemaniche? Se tanto mi dà tanto, perché non impedirmi di uscire di casa finché non ho estinto? Anche questa è democrazia incompiuta. Che diventa puro sopruso se il pagamento, come nel caso Perna, è già avvenuto da mesi.Viene poi da ridere – ma non rido affatto – se penso che a fare l’inflessibile sui debiti dei cittadini è uno Stato col vizio antico di non onorare i propri verso di loro.