Il Messaggero, 5 luglio 2016
Il ritorno di Di Battista, il potere di Di Maio, quello della Lombardi e la Raggi che è sempre più sola. Ecco il who’s who del Movimento
Non siamo ancora alle correnti organizzate, alle camarille che cercano di esercitare un potere oscuro per influenzare il sovrano. Ma certo è che i primi giorni di Virginia Raggi all’ombra del Marc’Aurelio ricalcano un copione noto. Il risiko delle poltrone degli assessorati, le presidenze delle commissioni, i cda delle partecipate, l’ufficio stampa, la nomina del comandante dei pizzardoni. Un politico di professione o comunque di estrazione diversa dalla Raggi avrebbe affrontato la situazione in un certo modo, mediando, promettendo, concedendo, negandosi. Non lei, che dicono provata dal pressing: «Attenta, potresti fare la fine di Pizzarotti». Strattonata, commissariata, stanca di essere tirata per la giacchetta da una componente in lizza contro l’altra, la Raggi ha chiesto asilo politico a Luigi Di Maio: Houston, abbiamo un problema.
IL CERCHIO MAGICOSi sente isolata. Avrebbe voluto circondarsi, avere anche lei il suo bel cerchio magico dove specchiarsi, persone pronte a immolarsi. Dovrà invece accontentarsi di tecnici, persone che non ha scelto lei. Ha provato a fare tre nomi, Frongia, Marra e Rubei : gliel’hanno bocciati.
Nei prossimi giorni, quando la macchina capitolina finalmente si sarà riavviata sarà chiamato a metterci la faccia anche lui, Alessandro Di Battista, il numero «due», il primo sponsor della Raggi.
DIBADopo averla votata sul web quando Virginia era solo una consigliera misconosciuta le inviò un sms: «Vincerai e diventerai sindaco di Roma». Da Milano lo hanno chiamato: «Non puoi stare a guardare». Si prepara a tornare in campo.
Se Diba è il numero due, Di Maio resta il numero uno. Sarà lui il prossimo candidato premier del Movimento. Se i due non sono entrati in collisione il merito è di Gianroberto Casaleggio che li adottò imponendo a entrambi di non pestarsi i piedi. A Roma Diba è poco meno di una rockstar. Basterebbe vedere la fila che i simpatizzanti si fanno per i selfie per capire quanto l’ ex cooperante cresciuto guardando dal suo balcone la Farnesina sia amato. In fondo se Virginia è salita in Campidoglio il merito è suo: favoritissimo dai sondaggi, accettò di fare un passo indietro.
«Caro Luigi devo sentirmi libera di scegliere le persone di cui fidarmi, non me le possono imporre dall’alto», si è sfogata la Raggi con Di Maio, assai vicina alle lacrime. Si riferiva all’ingerenza del mini-direttorio, alla presenza ingombrante di Roberta Lombardi e Paola Taverna, le due ultrà. Sempre presenti nella sua stanza, al punto da non lasciarla mai sola. Deputato la prima, senatrice la seconda. Entrambe con Gianluca Perilli e Fabio Massimo Castaldo componenti del mini direttorio romano. E ognuna con una sua filiera, l’equivalente di un certo numero di caselle da presidiare, poltroncine da affidare a figure minori, ruoli di terza e quarta fascia per Luca Marsico, Fabio Tranchina, Paolo Ferrara, Annalisa Bernabei, Monica Montella, Maria Agnese Catini.
La Lombardi è stato il motore della campagna elettorale romana. In buoni rapporti con Di Maio, molto apprezzata a Milano dalla Casaleggio & C, dopo qualche disavventura da capogruppo. È lei che ha organizzato i mega raduni nazionali del Circo Massimo e di Imola. Legatissima a Marcello De Vito, ex candidato sindaco, ex consigliere e prossimo presidente dell’Assemblea capitolina. Insomma ha tutto il diritto di dire la sua. Fuori dai giochi è rimasta Carla Ruocco, esponente del direttorio nazionale, legata professionalmente a Marcello Minenna, il dirigente Consob indicato come possibile nuovo assessore al Bilancio.
I FEDELISSIMIAnche la Taverna ha qualcosa da rivendicare. È l’anima popolare, vernacolare del Movimento. Parla alla pancia dei romani. A piazza Don Bosco per contro-celebrare il funerale del capostipite dei Casamonica. A Palazzo Madama per prendere di mira più o meno tutti e in particolare le dissidenti che hanno lasciato il gruppo M5S con le quali sembra avere un conto in sospeso. Tra lei e la Lombardi quasi mai son rose e fiori. Anzi. C’è chi le ha sentite urlare e poco dopo scherzare come se niente fosse. Sono fatte così, non se la prendono.
In assenza di fedelissimi la Raggi dovrà ripiegare su tecnici al di sopra di ogni sospetto. Ecco allora la scelta di Paola Muraro, la manager di cultura poco pentastellata che si occuperà di rifiuti. O Daniela Morgante, ex assessore della vecchia giunta che si mise contro Marino. Carla Romano Raineri, altro nome che gira, magistrato milanese chiamata dall’ex commissario Tronca a guidare l’anti-corruzione.
IL BRACCIO DESTROL’ex consigliere Daniele Frongia, che la sindaca avrebbe voluto come capo di Gabinetto e che dovrà ripiegare sul ruolo di vice sindaco è considerato il suo braccio destro. Ex dirigente Istat, 43 anni, è stato accusato di aver redatto un dossier contro Marcello De Vito. Il quale è a sua volta è indiziato per un altro dossier finito sul tavolo della Raggi. Quello contro Raffale Marra, l’ex finanziere che la sindaca avrebbe voluto nel suo cerchio magico. «Non è laureato, ha precedenti penali, non è un ufficiale di accademia ma di complemento». Accuse rigettate una per una con un contro-dossier.
IL MEDIATORE DI MAIORoma vuol dire molto per i destini del Movimento. Di Maio, il leader in pectore lo sa bene. Si gioca molto anche lui, Era pronto a difendere Marra. A perdonargli i trascorsi alemanniani. Poi è arrivata la telefonata di Grillo. E la Raggi si è sentita più sola.