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 2016  luglio 05 Martedì calendario

Il Sud immaginario

Caro Augias, su La Repubblica del 30 giugno si sostiene in una lettera che, al momento dell’Unità, il regno borbonico «aveva un reddito uguale al resto del Paese». Stupisce che si continuino a ripetere valutazioni di puro carattere nostalgico. Tutti gli storici, salvo qualche irriducibile filoborbonico, sostengono che mentre il nord conosceva il primo sviluppo industriale, il sud viveva una realtà tardo-feudale. Fra i tanti, l’abruzzese Paolo Macrì, Università di Napoli, nel suo recente “Unità a Mezzogiorno”, sottolinea proprio questa differenza fra la realtà economica settentrionale e il sistema tardo feudale meridionale.
Ezio Pelino, Sulmona (L’Aquila) – pelinoezio@gmail.com

Gentile Augias, nella lettera del signor Alberto Scuderi, dal titolo “La Sicilia liberata e quella invasa”, l’affermazione «eravamo un regno con un reddito uguale al resto del Paese e siamo diventati una colonia», è infondata. Già negli anni 60 lo storico economista Richard Eckaus fornì una prima stima del divario Nord-Sud Italia, concludendo che all’Unità la differenza di reddito tra Nord e Sud era tra il 15 e il 25%. Senza contare che nel 1861: nel Mezzogiorno solo 14 cittadini su 100 risultavano alfabeti; nel Centro-Nord 37. Su 100 bambini fra i 6 e i 10 anni, 17 andavano a scuola nel Mezzogiorno, nel Centro-Nord 67. «Basterebbe questo a giustificare l’Unità d’Italia? Forse sì».
Gianpaolo Annese, Crispiano (Taranto) – gpannese@libero.it

Esiste sulle condizioni del Mezzogiorno negli anni dell’unificazione una mitologia che di tanto in tanto affiora, il rimpianto di un’età dell’oro brutalmente azzerata dall’arrivo dei garibaldini, poi dell’amministrazione sabauda. Il signor Annese citava anche (in una parte tagliata per ragioni di spazio) dati tratti dal saggio dello storico economista Emanuele Felice “Perché il Sud è rimasto indietro” (Il Mulino, 2013). Il professor Felice, 39 anni, origini abruzzesi, insegna all’Universitat Autònoma di Barcellona. Scrive: «A lungo si sono considerate corrette le stime sul Pil che ponevano sullo stesso livello il reddito del Sud e quello del Centro-Nord intorno all’Unità. Nessuno si è preoccupato di verificarle; io l’ho fatto constatando che la ricchezza prodotta dal Sud era, già allora, inferiore a quelle del Centro-Nord». Aggiunge poco oltre: «Una pubblicistica di ispirazione quasi neo-borbonica dipinge un Sud che non è mai esistito. Un Sud pari o superiore al Nord, perfidamente spogliato dalle sue ricchezze dal governo unitario». Se ai dati economici si aggiungono quelli del generale livello di vita, si vede quando difformi fossero le condizioni esistenti tra le due parti del Paese. Una pubblicistica economica d’ispirazione meridionalistica, dovrebbe con più utilità analizzare le cause di un così modesto sviluppo durato negli anni nonostante cospicui finanziamenti. Caso esemplare la Sicilia che, godendo da quasi settant’anni di vastissima autonomia legislativa e di buone disponibilità finanziarie ha risolto ben pochi dei suoi antichi problemi. Almeno di questo Garibaldi non ha colpa.