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 2016  luglio 05 Martedì calendario

Il palazzo esploso a Milano, ora il marito di una delle vittime ammette: «Ho svitato il tubo del gas»

Non è una confessione, almeno se per tale si intende l’ammissione di aver compiuto volontariamente un atto e di averne perseguito le conseguenze. L’interrogatorio di Giuseppe Pellicanò, nel quale il 51enne pubblicitario accusato di strage ha ammesso di aver svitato con una pinza il tubo del gas, somiglia di più a una questione di «imputabilità» o meno: cioè all’anticipo di una richiesta difensiva di perizia psichiatrica per stabilire il suo grado di capacità di intendere e volere la notte tra l’11 e il 12 giugno, quando aprendo in cucina il tubo del gas creò le premesse per l’esplosione del proprio appartamento in via Brioschi 65 a Milano. Vi morirono la moglie Micaela Masella, che stava andando a vivere con un nuovo compagno e dalla quale lui non accettava l’idea della separazione, e due giovani vicini di casa marchigiani, Riccardo Maglianesi e Chiara Magnamassa, mentre restarono ferite in modo grave le figlie di Pellicanò di 11 e 7 anni, che ora potrebbero essere tolte al padre e affidate dal Tribunale dei Minorenni ad altri familiari.

In un racconto a tratti onirico Pellicanò procede per confusi «flash back» senza continuità tra il momento in cui ricorda di essersi destato, poi il frangente successivo in cui ricorda di aver percepito uno stato di «euforia» (usa proprio questo termine) determinato a suo dire dagli psicofarmaci prescrittigli contro l’ansia, quindi l’attimo nel quale ha presente di aver preso la pinza e svitato il tubo del gas, e infine la scena nella quale si risveglia già tutto ustionato in ospedale. Voleva uccidersi? No, non in quel momento, risponde: e se in passato a qualcuno aveva davvero detto di volerla fare finita, assicura, era stato solo per attirare l’attenzione degli interlocutori.

Giura di non essere stato lui a danneggiare l’auto del nuovo compagno della moglie. Tantomeno intendeva fare una strage, sostiene: se mi fossi rappresentato le conseguenze di quel gas aperto, argomenta, non avrei certo fatto esplodere la casa con dentro le mie figlie. Ma allora che pensava di fare aprendo il gas? L’uomo non lo sa dire, accenna solo a quella «euforia» e alla sensazione di trovare una «soluzione».

Si vedrà al processo. Intanto il gip Giusi Barbara non ha ravvisato il pericolo di fuga e non ha convalidato il fermo disposto d’urgenza venerdì dal pm, ma ha emesso una misura cautelare in carcere per strage: il gip qualifica «volontaria e deliberata» l’azione di Pellicanò, attuata «con freddezza, lucidità» e «totale assenza di empatia verso le vittime», di «usare il gas per porre fine alle sue vicende», cioè «alla separazione che non accettava».