Libero, 2 luglio 2016
Lo sciopero dei piloti Alitalia, martedì 5 luglio
Alitalia cambia padroni (Etihad), livrea e pure le divise ma gli scioperi (il prossimo il 5 luglio di 4 ore), restano una certezza. Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt-Uil, Ugl Ta, Anpac, Anpav, Usb Lavoro Privato, Confael Assovolo Trasporto Aereo – sostanzialmente quasi tutte le sigle sindacali del personale viaggiante – hanno confermato l’agitazione per «il mancato rispetto dell’orario di lavoro, come da contratto e da normativa vigenti, il mancato rispetto dell’esonero dal lavoro notturno, cessione di attività di volo del gruppo a vettori extraeuropei, vessazioni e immotivati licenziamenti del personale».
Nulla di nuovo, normale dialettica aziendale verrebbe da pensare. Se non fosse che Alitalia è stata salvata in extremis solo perché gli emiri di Abu Dhabi hanno in mente un piano globale di penetrazione da e per il Golfo. La visione della famiglia al Nayan include il controllo di uno stormo di compagnie europee (e non solo), per trasformare gli emirati in una base logistica (e finanziaria), mondiale.
Ora lo “scioperino” di 4 ore rischia non di far naufragare il progetto, ma sicuro innervosirà i nuovi proprietari. Ieri il nuovo amministratore delegato, l’australiano Cramer Ball, ha tentato l’ultima carta per invitare i dipendenti, con una mail inviata ieri di buona mattina a tutti i dipendenti, ad evitare questo sciopero «incomprensibile» (nel pieno della stagione estiva, la più remunerativa per le compagnie aeree), che, scrive, «danneggia la clientela e la compagnia e, per questo, va ritirato. Ball – puntando forse su uno spirito aziendale che ormai in Alitalia non sembra più esserci – chiede ai “suoi e ai sindacati di «fare la cosa giusta», revocandolo. «Questa iniziativa sindacale è incomprensibile. È incomprensibile che le organizzazioni sindacali siano pronte a danneggiare i nostri clienti, che hanno appena mostrato una rinnovata fiducia verso di noi e a colpire il business di Alitalia per difendere i privilegi di una parte dei dipendenti. È incomprensibile perché uno sciopero genera incertezza, danneggia le vendite, spinge i nostri clienti verso i competitor, ha un impatto negativo sui ricavi». E poi l’ad ricorda che «solo nel 2016 investiremo 400 milioni di euro e vogliamo far crescere la Compagnia con nuovi posti di lavoro, nuove rotte».
La visione dei sindacati è ben diversa: «Alitalia perde soldi, tanti, nonostante anni ed anni di continui sacrifici di chi ci lavora, migliaia di posti di lavoro bruciati e costi enormi di cui si è fatta carico la collettività». Ecco, appunto: negli ultimi 40 anni Alitalia – secondo uno studio Mediobanca – è pesata sui conti dello Stato per ben 7,4 miliardi di euro ai valori attuali (13,5 in totale). Ora ci sono gli emiri che pagano, ma i dipendenti lamentano di aver rinunciato, dal 2014 ad oggi «a oltre 30 milioni di euro per finanziare il Piano Industriale (ancora oggi in gran parte inattuato)». Sempre che Abu Dhabi si stanchi di questi tira e molla sindacali.