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 1916  febbraio 06 Domenica calendario

Castellòrizo e le sue memorie italiane

 
Castellòrizo torna a far parlare di sé; torna a far parlare di sé l’isoletta orientalmente brulla, che fra l’irto arcipelago di scogli minori onde è circondata, specchia le sue roccie affocate ed il fiore della sua cittadina nelle limpide acque più cupe ed intense di cui vada superbo l’Egeo; Castellòrizo che, a poche miglia dalle coste delle Licia, racchiude entro le cadenti muraglie della sua rocca ed il capriccioso brulichio dei suoi borghi un ignorato tesoro di ricordi italiani.
Anche essa risale all’età ellenica più bella, allorquando l’isolotto si chiamava Megiste; ed al Paleòcastro ed alla Vigla si ergevano le acropoli dell’antica città; ed alla base del pyrgos su cui risorse il castello medioevale si incidevano le greche epigrafi dedicatorie; e la sottostante roccia veniva a forza di scalpello foggiata ad architettonico frontispizio tombale; e nelle necropoli disseminate per l’isola si celavano i diademi d’oro e gli strani amuleti che i novissimi abitatori traggono a meraviglia dalle latebre della terra nello scavare trincee contro il ritorno del Turco.
Ma quando, all’alba del secolo XIV, l’audace schiera dei Cavalieri di Gerusalemme salpò il 22 giugno 1306 da Limisso alla impresa di Rodi, l’assalto allo scoglio desolato segnava il loro primo successo; e la valida fortezza ripiantata nelle rupi arrossate del promontorio che sporge fra i due approdi del capoluogo, costituiva la base di operazione per le future conquiste. Da quella rocca venne all’isolotto il nome di Castelrosso o Castelruggio, di cui l’odierna denominazione greca di Castellòrizo non è che la corruzione.
Per più di un secolo nessuno ebbe coraggio di contrastare agli impavidi dominatori il minuscolo possesso – il quale era diventato frattanto luogo di deportazione per i Cavalieri indegni che i severi statuti dell’Ordine volevano allontanare dal consorzio di Rodi. Solo nel 1440, trovandosi il Soldano d’Egitto in guerra cogli Spedalieri, la flotta nemica riesci a forzare le difese cristiane; e Castelrosso, saccheggiato e distrutto, restò una landa deserta: finché una bolla di papa Nicolò V del 6 ottobre 1450 non ebbe assegnato in feudo l’isolotto ad Alfonso d’Aragona, re di Napoli, a patto che egli ne ristorasse il castello, ripopolasse di gente la terra, e di quel baluardo si servisse per intensificare la lotta contro la persistente minaccia turchesca.
Bernardo di Villamarina prese allora possesso dell’isola; e, appianatosi ogni dissenso coi Cavalieri di Rodi, che vi avevano mandato Pietro Cariol commendatore di Monferrato per protestare contro quella occupazione, il vessillo di Napoli sventolò senza ulteriori contrasti sul maschio del Castelrosso. Ché anzi, allorquando nel 1471 il presidio della rocca tentò ribellarsi al dominio aragonese, Cencio Orsini fu mandato da Rodi a coadiuvare il governatore napoletano nella repressione della rivolta.
Ma tornarono alla riscossa anche i Turchi nella guerra del 1480; e, cacciativi di bel nuovo dalle milizie di Napoli, solo durante la lotta fatale del 1522 riuscirono ad impadronirsi del contrastato castello: Mistrariti Cocozi, capitano della fortezza, riparò a Rodi colla sua fusta il dì dell’Ascensione.
Eppure negli anni memorandi che la croce di Cristo riportava sulla mezzaluna il trionfo di Lepanto, Castelrosso risalutava nel 1570 nelle sue acque la flotta alleata, anche se quella visione doveva essergli amareggiata dallo spettacolo delle acri contese fra Genova e Venezia, onde l’impresa venne paralizzata. Un secolo più tardi, Francesco Morosini, il grande condottiero della Serenissima, portava il 22 settembre 1659 l’armata veneziana davanti a Castelrosso; ed espugnatane a viva forza la rocca grazie all’eroico assalto del capitano Gremonville, consigliava di convertire l’isolotto in fortezza inespugnabile del veneto dominio; ma essendo prevalso in Consulta diverso parere, il castello fu smantellato e gli abitanti costretti a pagare annuo tributo a Venezia.
Negli ultimi tempi della dominazione ottomana, Castellòrizo fu inclusa fra le dodici isole privilegiate che formarono il così detto Dodecanneso. Ad essa non si estese tuttavia la conquista italiana del 19l3; bensì, espulso il presidio turco, la popolazione proclamò la propria annessione alla Grecia, malgrado le proteste della Turchia e le contrarie disposizioni dei trattati.
Oggi che le navi della Quadruplice hanno occupato ancor una volta contro l’eterno nemico lo scoglio, l’Italia rievoca con fierezza ed orgoglio i suoi fasti passati, traendone auspici per il trionfo di quanti combattono con lei contro i barbari vecchi e nuovi, contro i vigliacchi d’ogni razza.