La Stampa, 1 luglio 2016
Turchia, si riaprono i negoziati per l’adesione della Mezzaluna all’Ue (ma c’è chi frena gli entusiasmi)
«Vorrei fosse così, ma non è ancora un nuovo inizio». Appena ricevuta da Bruxelles la notizia del via libera all’apertura di un nuovo capitolo del negoziato infinito per l’adesione della Turchia all’Unione europea, il capo della diplomazia slovacca e (da oggi) presidente di turno Miroslav Laicak frena gli entusiasmi. «Questo è il punto a cui siamo e mancano altre prospettive immediate», spiega mentre presenta il programma di Bratislava per la «sua» Ue. Ci sono anche «punti di vista differenti su quali protocolli liberare», il che non semplifica i rapporti fra Europa e Mezzaluna. «Realisticamente – ammette il ministro – non vedo un consenso per andare oltre».
Non le mandano a dire, gli slovacchi, e il loro primo semestre europeo si annuncia frizzante. «Vogliamo un’Unione positiva», promette il premier Robert Fico (pronuncia: «Fizzo»). In realtà nel programma politico del leader «socialista» ci sono quasi tanti paletti quanti sono i dossier più caldi, almeno se si ragiona con gli occhiali dei Paesi fondatori. «Non capiscono perché quando loro hanno un pensiero sono «posizioni» – sottolinea il capo del governo slovacco – e quando li abbiamo noi diventano “problemi”». Chiede più attenzione per i Paesi centro-orientali ultimi arrivati e contesta gli assi fra le capitali, Parigi con Berlino, soprattutto. Ha modi bruschi. È stato contestato per aver detto che gli islamici non devono stare nel suo Paese. Lo difende Laicak: «Bisogna ragionare sulla diversità, ma se non ascoltiamo le paure dei cittadini ci ritroveremo i fascisti al governo».
Il dossier turco è centrale. Avviare il negoziato sul capitolo 33 dell’adesione di Ankara non sblocca davvero il dialogo. È la sezione che riguarda gli aspetti finanziari e di bilancio, la sedicesima inaugurata sinora in un confronto che ha visto una sola fumata bianca alla voce «Cultura». «Il processo sta andando avanti», ammette il commissario Ue per l’Allargamento, Johannes Hahn, anche se «l’Ue ribadisce il bisogno di sforzi rapidi per le riforme, in particolare sui diritti fondamentali». All’indomani dell’ennesimo attentato terroristico è un segnale solidale. Come gli 1,4 miliardi che Bruxelles propone di liberare in linea con quanto prevede l’intesa con Ankara per il blocco dei migranti.
Fico concede che l’accordo ha ben funzionato. Non esita tuttavia a sottolineare i problemi nel rispetto dei criteri collaterali a partire dalla liberalizzazione dei visti. «Rifiuto che non si sia puntuali nella valutazione dei criteri», ha detto con tono secco, lo stesso con cui afferma che «non c’è una maggioranza» per riformare del regolamento di Dublino come suggerisce la Commissione: il segretario agli Interni, Denisa Sakova, ha già annunciato un’imminente proposta alternativa per il ricollocamento. In compenso a Bratislava sono tutti per la libera circolazione che vorrebbero ampliata anche a romeni e bulgari. Il premier etichetta il pieno ritorno a Schengen entro il 2016 «un obbligo». Lo deve ai sui cittadini che una volta non potevano andare nemmeno a Vienna. Questo, almeno, è facile da capire.