MilanoFinanza - The Wall Street Journal, 30 giugno 2016
Le opportunità dalla Brexit secondo Henry Kissinger
La cascata di commenti sulla decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione Europea ha descritto l’evento epocale usando soprattutto il vocabolario delle calamità. Tuttavia, la moneta del regno degli statisti non è l’angoscia o la recriminazione; dovrebbe essere quello di trasformare la sconfitta in opportunità.
L’impatto del voto britannico è così profondo perché le emozioni riflesse non si limitano a Gran Bretagna o Europa. La reazione popolare alle istituzioni dell’Unione Europea (che si riflette nei sondaggi di opinione) è quasi uguale nella maggior parte dei principali Paesi, in particolare la Francia e la Spagna. L’approccio multilaterale sulla base di confini aperti per il commercio e il movimento dei popoli è sempre più messo in discussione e ora un atto di democrazia diretta che doveva riaffermare lo status quo ha reso invece un verdetto di condanna. E lo sfidare questa espressione di sentimento popolare, ignorandone le preoccupazioni che manifesta, è un percorso che porterà a maggiori disillusioni.
Brexit è un classico esempio della legge delle conseguenze non intenzionali. Il governo britannico ha cercato il voto Remain per chiudere una volta per tutte le controversie nazionali sull’Europa presenti in una minoranza del partito conservatore e tra i gruppi populisti marginali. Molti sostenitori della campagna Leave sono stati sorpresi dal loro successo, avendo compreso la loro missione politica inizialmente in termini molto meno radicali.
Tutti questi elementi sono stati travolti in quanto la visione europea elaborata nel corso dei decenni ha sviluppato un carattere sclerotico.
I dibattiti interni europei sono sempre più concentrati su contraddizioni strutturali. Nel processo la visione che motiva il sacrificio si sta indebolendo.
I fondatori dell’unità europea ben comprendevano lo scopo ultimo del loro progetto. Che era da una parte il rifiuto delle peggiori conseguenze delle divisioni europee, in particolare le guerre traumatiche che avevano fatto decine di milioni di vittime europee solo nel ventesimo secolo. Ma dall’altra parte era anche un’affermazione dei valori con i quali l’Europa sarebbe diventata grande.
L’Europa al tempo della giovinezza dei fondatori era prosperata per l’elaborazione dello Stato-nazione, che era in competizione per la preminenza ma allo stesso tempo evolveva in una cultura comune. I suoi principi di democrazia e costituzionalismo si sono sparsi in tutto il mondo, anche se il rispetto per la dignità della persona venne violato sotto il colonialismo. La visione europea ha sempre cercato di mantenere il dinamismo riflesso nelle conquiste storiche in Europa cercando di moderare la competizione tra nazioni che nel 1945 aveva quasi portato alla loro distruzione.
Troppo dell’Europa di oggi è assorbito nella gestione dei problemi strutturali piuttosto che nell’elaborazione dei suoi scopi. Dalla globalizzazione alla migrazione, la volontà di sacrificarsi si sta indebolendo. Ma un futuro migliore non può essere raggiunto senza qualche sacrificio del presente. Una società riluttante ad accettare questa verità finisce per ristagnare e, nel corso dei decenni, per consumare la sua stessa essenza.
Inevitabilmente nasce un gap tra le istituzioni e le loro responsabilità, che spiega le crescenti pressioni populiste. La sfida più profonda per l’Unione Europea non è la sua gestione ma i suoi obiettivi finali. In un mondo in cui i continenti sono sconvolti da valori in conflitto tra loro è assolutamente necessario uno sforzo comune di immaginazione da parte dell’Europa e dei suoi partner atlantici.
Al contrario, la leadership europea è ora di fronte a una sfida inaspettata. Secondo i termini del suo statuto, l’Unione Europea ha l’obbligo di negoziare i termini dell’uscita con uno dei principali membri. La Gran Bretagna vorrà mantenere ampi legami con l’Europa, eliminando o allentando al contempo i vincoli dei numerosi requisiti legislativi e burocratici comunitari. La leadership dell’Ue ha l’incentivo opposto; non vorrà premiare la maggioranza del Leave concedendo al Regno Unito condizioni migliori di quando era membro a pieno titolo. Quindi un elemento punitivo è probabile che sia inerente alla posizione contrattuale dell’Unione Europea.
Molti di noi sono cresciuti, ammirandola, con la visione della speranza di unità europea che l’Ue trascende in se stessa, desiderando per vocazione non penalizzare i recalcitranti ma negoziando sempre in modo da ripristinare le prospettive di unità. L’Ue non dovrebbe trattare la Gran Bretagna come un evaso di prigione ma come un potenziale connazionale.
Punire il Regno Unito non risolverà il problema di come far funzionare una moneta comune in assenza di una politica fiscale comune tra Paesi con capacità economiche diverse o di come definire un’unione la cui capacità di raggiungere strategie politiche comuni ristagna dietro le capacità economiche e amministrative.
Per lo stesso motivo la Gran Bretagna ha bisogno di portare avanti il concetto di autonomia, per il quale la sua gente ha votato, in un modo che alla fine comprenda la cooperazione. La Gran Bretagna e l’Europa insieme devono considerare come tornare, almeno in parte, al loro ruolo storico di modellatori dell’ordine internazionale.
Negli ultimi decenni l’Europa si è ritirata dal suo ruolo di soft power. Ma, assediata com’è su quasi tutti i fronti, dagli sconvolgimenti politici alle migrazioni, l’Europa, e con essa la Gran Bretagna, possono evitare di trasformarsi in una vittima delle circostanze solo assumendo un ruolo più attivo. Questi temi non possono ancora essere discussi a livello geopolitico, ma i leader dell’Unione Europea devono essere in grado di costituire dei gruppi silenziosi e discreti per poterli esplorare. In questo modo il voto Leave può servire come una catarsi.
Gli Stati Uniti hanno incoraggiato l’Unione Europea fin dal suo inizio, ma hanno avuto difficoltà ad adattarsi alla realizzazione che ne è seguita. Quando l’idea europea fu introdotta da Jean Monnet alla fine della Seconda Guerra Mondiale e fatta avanzare dal Piano Marshall, gli Stati Uniti diedero un contributo indispensabile per la sicurezza internazionale e il progresso economico. Data la ripresa dell’Europa contemporanea, il ruolo americano ha bisogno di essere ridefinito per un nuovo tipo di leadership, passando dal dominio alla persuasione.
Il modo in cui l’amministrazione degli Stati Uniti e altri sostenitori del Remain hanno cercato di influenzare il voto Brexit descrive bene la situazione. La minaccia che senza il sostegno dell’Europa una Gran Bretagna solitaria si sarebbe spostata verso la fine della coda nei negoziati con Washington (tema posto da Obama, ndt) ha invertito la sequenza storica di quel rapporto. Il «rapporto speciale» si fonda sulle origini dell’America, su una lingua comune e su un sistema paragonabile di valori politici rinforzati dall’aver combattuto fianco a fianco in molte guerre. L’idea del rapporto speciale fu enunciata da Winston Churchill, non come confutazione di un mondo multilaterale ma come garante dei suoi valori nei tempi duri che sarebbero seguiti alla Seconda Guerra Mondiale.
Questo rapporto speciale è necessario nel mondo atlantico per attraversare la crisi attuale. Un’Europa in via di disintegrazione potrebbe alimentare una passività impotente, che a sua volta disgregherebbe l’intero Patto Atlantico, che rappresenta uno dei più grandi successi dello scorso secolo. La Gran Bretagna, qualunque sarà lo status legale negoziato a mutuo beneficio con l’Europa, rimane un elemento essenziale in questo disegno. La sua storia e le sue emozioni sono atlantiche; allo stesso tempo la sua attuale condizione necessita di un collegamento con l’Europa. L’attuale ordine costituito internazionale è fondato su concetti emersi dalle isole britanniche, portati avanti in tutto il mondo dall’Europa e che hanno messo radici profonde nel Nord America. Una leadership americana nel rinvigorire l’ordine contemporaneo è imperativa.
Il voto Brexit ha scatenato le ansie di due continenti e di tutti coloro che si affidano alla stabilità su cui si basa la loro unione di intenti. Il necessario recupero della fiducia non avverrà attraverso reciproche recriminazioni. Per ispirare fiducia nel mondo l’Europa e l’America devono dimostrare fiducia in se stesse.
(traduzione di Carlo Brustia)